Molto spesso, quando si parla di creare e gestire un sito web, si cita la figura del “webmaster”, termine usato fin troppo impropriamente. Il perchè di tale affermazione è semplice e ci vediamo costretti a sfatare un primo mito: un sito internet non viene sviluppato e realizzato da una singola persona.
La mitica figura del webmaster che appare nell’immaginario collettivo in realtà non esiste. Cerchiamo di capire il motivo.
Forse, fino a quando si realizzavano delle semplici pagine in HTML con qualche immagine qui e lì, con risoluzioni dei monitor molto standardizzate si poteva parlare di questa figura… ma oggi le cose sono molto cambiate.
Come tutti i settori legati alla tecnologia anche il web ha avuto un impennata nello sviluppo con una forte spinta verso il futuro. Prenderemo ad esame la creazione di uno shop on-line, ecommerce, per spiegare tutti i passaggi e le figure necessarie per la sua realizzazione.
Riuscire a creare un e-commerce di qualità oggi richiede il lavoro di un team ben affiatato. Diversi professionisti ognuno dei quali con una propria mansione e specializzazione.
Per comprendere il concetto è meglio iniziare a dividere la vita di un sito in cicli o fasi.
Il ciclo di vita di un sito web
In mondo molto sintetico creare e gesire un sito web prevede un prima fase di progettazione. Ogni portale internet va pirma pensato come si deve e poi sviluppato.
Una volta superate queste fasi il sito viene reso pubblico e quindi inizia a diventare produttivo. Si parla, quindi, di deploying, fase durante la quale ci si assicura che il sito e il suo shopping cart – carrello – realmente funzionino correttamente.
Già in questa fase gli utenti iniziano a navigare il sito, i motori ad indicizzarlo, si continua ad inserire contenuti e a gestire i clienti. Le figure che intervengono in questa fase sono ovviamente diverse da quelle che sono intervenute nelle fasi precedenti.
Quando si è certi che il sito funziona correttamente e che tutti gli “ingranaggi” sono ben oliati si può anche procedere alla fase di marketing.
In questa fase si comunica al mondo della presenza di questo nuovo shop on-line e si cerca di attrarre quante più persone possibile, mantenendo il target e cercando di raggiungere gli scopi per i quali il sito è stato realizzato.
Leggendo questa sintesi di come nasce un sito è evidente che le figure richieste sono diverse.
Andiamo ora a specificare quali sono le figure che intervengono nelle varie fasi e quali sono i ruoli che ricoprono e le mansioni che svolgono.
Progettazione e sviluppo di un e-commerce
La fase più importante di tutte. Una cattiva progettazione porta quasi certamente a creare un cattivo sito e-commerce. È in questa fase, infatti, che si tracciano le linee guida di quello che sarà il frutto di tutto il lavoro che si andrà ad eseguire.
In questa importante fase intervengono diverse figure professionali:
Project Manager
Il suo compito è di organizzare, controllare ed indirizzare il lavoro degli altri componenti del team.
Marketer
Si occupa di delineare lo “stile” del sito e dell’azienda sul web. È lui che decide come deve apparire l’azienda all’esterno, l’immagine che deve trasmettere al cliente in relazione al target di riferimento.
In base al tipo di target cerca di comprendere qual è il cliente tipo e si delinea lo stile della comunicazione (formale, informale, giocosa, sbarazzina, ecc.), quindi si cerca di capire come attrarre i visitatori e quali canali utilizzare.
Web Designer
E arriviamo a quella che forse è la figura più “mal” conosciuta: il webdesigner. In relazione a questa figura è necessario sfatare un mito duro a morire, causato dagli strascichi degli albori del web: il web designer non è un grafico!
Il webdesigner è colui il quale si occupa di design web e secondo la definizione che ne dà Wikipedia:
“Il webdesign o web design, letteralmente progettazione per il world wide web, è un’espressione inglese utilizzata anche nella lingua italiana per indicare la progettazione tecnica, strutturale e grafica di un sito web.
La figura professionale dell’addetto alla progettazione per il web, il web designer, nata con lo svilupparsi del World Wide Web, presenta varie analogie teoriche con quella dell’architetto: così come per la costruzione di un palazzo, il webdesigner deve avere varie competenze che vanno dallo studio del singolo elemento alla complessità del progetto (il cosiddetto “zoom in e zoom out”), ed avere competenze di usabilità ed accessibilità.“
Il webdesigner, quindi, studierà la struttura dell’interfaccia (navigazione, schede prodotto, colori, ecc.) e andrà a realizzarla (magari con l’ausilio di un grafico) utilizzando linguaggi come l’HTML, CSS e JavaScript e nel farlo seguirà le indicazioni fornitegli dal marketer, dal cliente e dagli altri membri del team di sviluppo.
Insieme contribuiranno a costruire un’ottima user experience per soddisfare al meglio i clienti e farli tornare. Tutto per evitare che il sito sia troppo complicato e gli utenti abbandonino gli acquisti a metà.
Web Developer o programmatore
Altra figura che interviene in questa fase è il developer, web developer, o programmatore. La sua funzione “volgarmente” – non me ne vogliamo i colleghi – è di scrivere il codice necessario per il portale da realizzare. Ogni portale ha le sue peculiarità tecniche o funzionali che lo rendono differente da molti altri.
A seconda della complessità del sito ci potranno essere uno o più sviluppatori. Va anche considerato che un progetto può richiedere anche più linguaggi di programmazione, è possibile, infatti, che un sito venga sviluppato in più linguaggi diversi, ognuno con finalità diverse.
Copywriter
Per la redazione dei testi c’è il copywriter, che non è semplicemente una persona che sa scrivere bene in italiano ma una persona che conosce la comunicazione sul web, ha rudimenti di SEO (Search Engine Optimization, Ottimizzazione – dei testi – per i motori di ricerca) e che nel redigere le pagine del sito segue le linee editoriali stabilite in fase di progettazione.
I computer sanno contare solo da 0 ad 1, il resto è professionalità.
Paola Pomi
Deploying, rodaggio e regime di un ecommerce
A questo punto il sito è pronto e va testato sul campo per verificarne il corretto funzionamento.
Durante il deploying si eliminano le eventuali imperfezioni, si apportano migliorie, si correggono gli ultimi eventuali errori. In genere si corregge tutto ciò che può essere rilevato solo con un test sul campo.
In questa fase (ma talvolta già in quelle precedenti) si inizia a riempire il catalogo dei prodotti da esporre e vendere.
Intervengono in questa fase altre figure come gli addetti al catalogo, chi si occupa del magazzino, il servizio clienti, ecc. Terminata questa fase il sito è a regime ed è produttivo.
Marketing per l’ecommerce
Forse questa è la fase che stimola di più la mente… una sfida costante contro il mercato. Abbiamo il nostro e-commerce, pronto per essere sfruttato, ma non abbiamo i clienti.
Bisogna trovare il modo di attirarli e non è detto che il modo usato per un portale vada bene per tutti.
Le tecniche sono tante e i modus operandi altrettanti. Possiamo pensare a fare pubblicità online con Google AdWords, su Facebook, attraverso altri siti di social networking, sui comparatori di prezzo, si può decidere di posizionare il sito con attività di SEO e molto altro. Le possibilità sono molte e limitate solamente dal budget disponibile.
Una buona parte dell’attività di marketing inoltre è dedicata all’ottimizzazione del sito e-commerce studiando accorgimenti che aiutino a vendere di più.
L’argomento è davvero molto vasto e cercare di parlarne in un poche righe non avrebbe senso. Cercheremo di rimprendere questo argomento in modo più dettagliato negli articoli futuri.
In conclusione
È bene, per completezza di idee, dire che non tutte le figure sopra citate servono per tutti i progetti. Creare e gesire un sito web necessita di coinvolgere tutte le professionalità citate ma comportano delle spese non indifferenti e non è detto che il budget a disposizione consenta di interperlarle.
Certamente, però, per creare e gestire un sito web non si potrà fare a meno di un webdesigner e di un developer, soprattutto nelle prime fasi, e di qualcuno che si occupi delle attività di SEO e di promozione. Quest’ultima figura in generale serve quando il sito è pronto per essere aperto al pubblico.
In un momento storico fatto di una concorrenza spietata, e a volte anche sleale, di professionisti della domenica fare rete tra seri professionisti diventa importante se non basilare. L’accesso facile ad alcune tecnologie, fa si che alcuni pseudo professionisti si credano grafici/programmatori/esperti seo/SMM e chi più ne ha più ne metta… creando più problemi che soluzioni.
Ma cosa vuol dire “fare rete”?
Se consideriamo la definizione classica fare rete descrive “un insieme di unità operative che agiscono in modo integrato e organico nell’ambito di un sistema, che si configura, di volta in volta, secondo le modalità più adatte per perseguire le opportunità di business che il mercato presenta“.
È chiaro che nascosto in questa definizione c’è un concetto molto importate: flessibilità del sistema. Infatti, avere delle partnership consente di conciliare condizioni organizzative opposte, coniugando i vantaggi strutturali delle PMI (Piccole Medie Imprese) con quelli delle organizzazioni di grandi dimensioni.
Inoltre, c’è la possibilità di ripartire i costi su più soggetti e la maggior capacità di innovare e di essere competitivi attraverso lo scambio reciproco di conoscenze (la condivisione è anche sinonimo di professionalità), consentono di migliorare l’offerta al mercato e garantire una maggior competitività alle imprese.
Se queste sono le premesse allora perchè è così difficile fare rete?
La risposta è la poca propensione ad investire e a confrontarsi con qualcosa di nuovo. Anche gli atteggiamenti opportunistici e egoistici non consentono di creare quella struttura che di certo tanto male non fa. Fare rete vuol dire anche mettere in discussione le proprie certezze… e, diciamoli, molti hanno paura di ciò.
Eppure l’idea di fare sistema, condividere, accrescere la propria presenza sul mercato non è una necessità solo attuale. Già in passato ci sono stati metodi per accrescere la propria presenza sul mercato, a volte snaturando anche la forma societaria di ogni singola azienda. Ora, per fortuna, ci sono forme più snelle che non intaccano l’entità giuridica delle singole imprese che vogliono fare aggregazione e condivisione.
Con la terza rivoluzione industriale e la globalizzazione è cambiata, purtroppo non per tutti, la mentalità aziendale. Questi eventi storici sono stati dei veri e propri start – punti di partenza – per rivedere nel profondo il modo di presentarsi nel mercato nazionale e anche internazionale.
Qualcuno, finalmente anche se pochi per ora, ha capito che è difficile far sentire la propria voce quando si è soli…
Mettersi insieme è un inizio, rimanere insieme è un progresso, lavorare insieme un successo.
Henry Ford
In questo cambiamento internet ha avuto e continua ad avere un ruolo importante. La “grande rete” è diventata uno strumento, se ben usato, essenziale che facilita l’attivazione di collaborazioni strategiche e lo sviluppo di filiere competitive. Processi ed individuazioni essenziali per poter affrontare le nuove sfide del mercato, senza perdere flessibilità, rapidità e creatività.
Facciamo rete? Si, ma seriamente
Da quanto scritto fare rete tra aziende/professionisti ha i suoi vantaggi, ma è importante prendere coscienza del fatto che la risposta al mettersi in gioco insieme non può essere considerata una scelta temporanea o di attesa. Fare rete vuol dire saper affrontare e risolvere i problemi che possono venire anche dall’altra parte. Bisogna saper fare squadra “nel bene e nel male”, cercando di superare le difficoltà.
Se poi la fase di crisi dovesse durare, non avendo snaturato la propria identità aziendale come detto prima, è sempre possibile tornare alla situazione precedente.
In conclusione
La figura dell’imprenditore solitario che con la sua impresa si presenta sul mercato, rischia di limitare le potenzialità della sua stessa azione e la buona riuscita del suo progetto.
Nel mondo odierno, perché un progetto funzioni, serve una combinazione di più conoscenze, esperienze, tecnologie, stili di comunicazione… un saper e volersi confrontare con elementi esterni al nostro team ma sempre nella nostra squadra.
Avere delle partnership richiede proprio questo contributo da parte di ciascun elemento e non ci si deve fermare davanti alle criticità che questo a volte comporta.
Il gruppo coinvolto può attraversare dei momenti di conflittualità, caratterizzati da tensioni, ostilità o resistenze al cambiamento, tuttavia anche questi momenti sono necessari per accrescere la coesione e la strutturazione del gruppo stesso in termini di appartenenza e “commitment” – impegno – per il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Fare rete non è facile, ma possibile se lo si vuole veramente. E tu cosa ne pensi?
Nel nostro precedente articolo – Conosci la normativa per aprire un e-commerce? – abbiamo analizzato da un punto strettamente legale/amministrativo i passi da compiere per l’apertura di un negozio on-line.
Ora, in questo articolo vedremo da vicino quali devono essere i contenuti informativi che devono essere presenti nell’e-commerce. Attenzione, non parleremo di cosa vendere e/o come vendere ma analizzeremo le informazioni che, per legge, dobbiamo fornire agli utenti… parleremo degli obblighi informativi. È un argomento molto importante che i “meno professionisti” facilmente ignorano con tutte le conseguenze del caso.
I vari tipi di e-commerce
Prima di procedere nel descrivere gli obblighi informativi dobbiamo fare una distinzione tra due tipologie di negozi on-line. Bisogna distinguere tra e-commerce B2B e B2C. Alcune informazioni sono comuni ad entrambi i tipi di e-commerce, altre sono previste solo per il B2C.
E-commerce B2C – Business to Customer
Con il termine Business to Consumer, abbreviato in B2C, si indicano le relazioni che un’impresa commerciale detiene con i suoi clienti per le attività di vendita e/o di assistenza. Questa sigla è utilizzata soprattutto quando l’interazione tra impresa e cliente avviene tramite internet, ovvero nel caso del commercio elettronico.
E-commerce B2B – Business to Business
Il termine Business to Business, indicato con B2B, in italiano commercio interaziendale, viene utilizzato per descrivere le transazioni commerciali elettroniche tra imprese.
Per comodità di lettura, quando parleremo dei vari tipi di shop on-line utilizzeremo gli acronimi sopra indicati.
Come devono essere fornite le informazioni per il consumatore/azienda?
Come sempre, o meglio come dovrebbe essere, le informazioni devono essere fornite in modo chiaro, semplice e comprensibile… soprattutto gli obblighi informativi. Da non sottovalutare la questione degli aggiornamenti delle informazioni. Per non avere problemi è sempre meglio tenere gli obblighi informativi i più aggiornati possibile.
B2B e B2C: quali gli obblighi informativi da fornire
Sul portale devono essere accessibili in modo semplice e veloce le seguenti informazioni:
il nome, la denominazione o la ragione sociale;
il domicilio o la sede legale;
i contatti (i contatti non devono obbligatoriamente corrispondere a un numero di telefono. Si può infatti predisporre un form di richiesta di informazioni cui rispondere via mail);
il numero di iscrizione al repertorio delle attività economiche, REA, o al registro delle imprese;
se l’attività sia soggetta a concessione, licenza od autorizzazione: gli elementi che le individuano, nonché gli estremi della competente autorità di vigilanza;
la partita IVA o altro codice identificativo;
i prezzi e le tariffe dei diversi servizi forniti, indicati in modo chiaro ed inequivocabile ed evidenziando se comprendono le imposte, i costi di consegna ed altri elementi aggiuntivi da specificare
l’indicazione delle attività consentite all’utente e gli estremi del contratto qualora un’attività sia soggetta ad autorizzazione o l’oggetto della prestazione sia fornito sulla base di un contratto di licenza d’uso
Se l’e-commerce è esercitato da una società di capitali
le informazioni da fornire sono:
la sede della società;
l’ufficio imprese presso il quale è iscritta la società ed il numero di iscrizione;
il capitale sociale quale effettivamente versato e quale risultante dall’ultimo bilancio;
che la società è in liquidazione qualora lo sia
il fatto che la società ha un unico socio
Le informazioni da fornire prima che l’utente inoltri l’ordine
Lo shop on-line deve fornire questi elementi in modo chiaro e, ovviamente, comprensibile:
le varie fasi tecniche da seguire per la conclusione del contratto;
il modo in cui il contratto concluso sarà archiviato e le relative modalità di accesso;
i mezzi tecnici messi a disposizione del destinatario per individuare e correggere gli errori di inserimento dei dati prima di inoltrare l’ordine al prestatore;
gli eventuali codici di condotta cui aderisce e come accedervi per via telematica;
le lingue a disposizione per concludere il contratto oltre all’italiano;
l’indicazione degli strumenti di composizione delle controversie.
Le informazioni da fornire dopo che il cliente ha inviato l’ordine
Il venditore deve inviare la conferma di aver ricevuto l’ordine. Questa conferma deve contenere un riepilogo delle condizioni generali applicabili al contratto, le informazioni relative alle caratteristiche essenziali del bene o del servizio e l’indicazione dettagliata del prezzo, dei mezzi di pagamento, del recesso, dei costi di consegna e delle tasse applicabili.
Ulteriori obblighi per il B2C
In caso di e-commerce B2C, ci sono ulteriori obblighi da osservare, oltre a quelli indicati sopra:
Direttamente prima che il cliente inoltri l’ordine
Il venditore deve comunicare all’utente queste informazioni:
le caratteristiche principali del bene o del servizio;
il prezzo compreso di imposte e le spese di spedizione;
la durata del contratto o, se a rinnovo automatico, le condizioni per recedere dal contratto;
la durata minima degli obblighi del consumatore a norma del contratto, se applicabile.
Il pulsante per inviare l’ordine
Il pulsante su cui cliccare per inviare l’ordine deve riportare in modo facilmente leggibile e in modo inequivocabile che l’inoltro dell’ordine implica l’obbligo di pagare il venditore. In caso contrario, il consumatore non è vincolato dal contratto o dall’ordine.
Il link alla piattaforma ODR
Sul sito deve essere presente il link alla piattaforma ODR creata dall’Unione Europea. Anche in questo caso il link deve essere facilmente raggiungibile ed accessibile.
ODR sta per Online Dispute Resolution (ossia, risoluzione online delle controversie).
La piattaforma è un sito gestito dall’Unione Europea. Attraverso questo sito il consumatore che ha acquistato online un bene od un servizio e che per qualche è insoddisfatto dell’acquisto può presentare un reclamo.
In seguito al reclamo si avvia una procedura che ha lo scopo di trovare una soluzione amichevole alla controversia tra consumatore e venditore. Per il venditore non è obbligatorio aderire a questa procedura.
Quando si perfeziona il contratto di vendita tra e-commerce cliente
È importante stabilire il momento in cui nasce il contratto tra il venditore ed il cliente. È un momento importante perché da qui sorgono a carico del venditore alcuni obblighi.
Come stabilire nelle condizioni generali di vendita il momento in cui nasce il contratto?
Cerchiamo di spiegarlo tramite alcuni esempi:
Esempio 1
Il contratto è perfezionato nel momento in cui ricevi la richiesta dell’ordine inviata dal cliente.
Possibili rischi:
il prodotto non è disponibile in magazzino e non si riesce ad evadere l’ordine. Il venditore è comunque vincolato nei confronti del cliente;
nello shop on-line è riportato un prezzo errato – ad esempio, inferiore a quello reale – di un prodotto. Il venditore è vincolato al prezzo che appare sul sito;
non si stabilisce che il prodotto può essere comprato solo inviando l’ordine tramite il sito. Il venditore corre il rischio di essere vincolato ad ordini fatti da clienti anche soltanto via mail.
Esempio 2
Il contratto è perfezionato nel momento in cui si invia al cliente la mail di conferma dell’ordine.
In questo modo, se si riceve un ordine relativo ad un prodotto non disponibile, si può avvisare il cliente chiedendogli se conferma comunque l’ordine o se preferisce revocarlo.
Il contratto di vendita: le clausole vessatorie
Le clausole cosiddette vessatorie, sono clausole contrattuali che risultano gravose per il cliente e lo mettono in una situazione di particolare svantaggio rispetto al venditore.
La legge elenca le clausole che possono essere vessatorie e fa una distinzione tra B2B e B2C.
Devi fare attenzione a queste clausole perché:
la legge dice che queste clausole sono valide solo in presenza di determinate condizioni: se non ci sono queste condizioni le clausole non hanno alcun effetto verso il cliente;
in caso di e-commerce B2C le associazioni dei iconsumatori e le camere di commercio possono chiedere al giudice di inibire l’uso di queste clausole ed il giudice può anche ordinare la pubblicazione del suo provvedimento sui giornali
in caso di e-commerce B2C anche l’Antitrust può dichiarare vessatorie le clausole e ordinare al venditore di pubblicare il suo provvedimento sul sito internet.
Le clausole vessatorie nel B2C
Sono quelle clausole che determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi che derivano dal contratto. Sono elencate nell’art. 33 del codice del consumo.
Questo elenco non è esaustivo: il consumatore può agire per fare accertare la vessatorie anche di clausole non contenute in questo elenco, purché comportino uno squilibrio significativo tra le parti del contratto.
Sono le clausole che hanno per oggetto, o per effetto, di:
Escludere o limitare
la responsabilità del venditore in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un’omissione del venditore;
le azioni o i diritti del consumatore nei confronti del venditore o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del venditore;
l’opportunità da parte del consumatore della compensazione di un debito nei confronti del venditore con un credito vantato nei confronti di quest’ultimo;
l’opponibilità dell’eccezione d’inadempimento da parte del consumatore.
Prevedere
un impegno definitivo del consumatore mentre l’esecuzione della prestazione del venditore è subordinata ad una condizione il cui adempimento dipende unicamente dalla sua volontà;
l’estensione dell’adesione del consumatore a clausole che non ha avuto la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto;
l’alienazione di un diritto o l’assunzione di un obbligo come subordinati ad una condizione sospensiva dipendente dalla mera volontà del venditore a fronte di un’obbligazione immediatamente efficace del consumatore. È fatto salvo l’art. 1355 del codice civile.
Consentire al venditore di
trattenere una somma di denaro versata dal consumatore se quest’ultimo non conclude il contratto o recede da esso, senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal venditore il doppio della somma corrisposta se è quest’ultimo a non concludere il contratto oppure a recedere;
recedere da contratti a tempo indeterminato senza un ragionevole preavviso, tranne nel caso di giusta causa;
modificare unilateralmente le clausole del contratto, ovvero le caratteristiche del prodotto o del servizio da fornire, senza un giustificato motivo indicato nel contratto stesso;
aumentare il prezzo del bene o del servizio senza che il consumatore possa recedere se il prezzo finale è eccessivamente elevato rispetto a quello originariamente convenuto;
sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti dal contratto, anche nel caso di preventivo consenso del consumatore, qualora risulti diminuita la tutela dei diritti di quest’ultimo.
Stabilire
un termine eccessivamente anticipato rispetto alla scadenza del contratto per comunicare la disdetta al fine di evitare la tacita proroga o rinnovazione;
che il prezzo dei beni o dei servizi sia determinato al momento della consegna o della prestazione;
come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore.
Imporre al consumatore in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d’importo manifestamente eccessivo.
Sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria, limitazioni all’adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell’onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi.
Limitare la responsabilità del venditore rispetto alle obbligazioni derivanti dai contratti stipulati in suo nome dai mandatari o subordinare l’adempimento di tali obbligazioni al rispetto di particolari formalità.
Riconoscere al solo venditore e non anche al consumatore la facoltà di recedere dal contratto, nonché consentire al venditore di trattenere anche solo in parte la somma versata dal consumatore a titolo di corrispettivo per prestazioni non ancora adempiute, quando sia il venditore a recedere dal contratto.
Riservare al solo venditore il potere di accertare la conformità del bene venduto o del servizio prestato a quello previsto nel contratto o conferirgli il diritto esclusivo d’interpretare una clausola qualsiasi del contratto.
Le clausole vessatorie nel B2B
Queste sono le clausole che stabiliscono a favore del venditore:
limitazioni di responsabilità;
facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione.
Mentre a carico del cliente definiscono:
decadenze;
limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coiterzi;
tacita proroga o rinnovazione del contratto;
clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria.
Quando sono valide le clausole vessatorie inserite nelle condizioni di generali di vendita?
Le clausole vessatorie, per poter avere effetto nei confronti del cliente, devono essere “specificatamente approvate per iscritto”. Ciò per richiamare l’attenzione del cliente sul significato di una determinata e specifica clausola a lui sfavorevole. Nei contratti cartacei il cliente sottoscrive le clausole vessatorie in maniera specifica e separata dal resto del contratto.
E per un portale web? Escludendo, per motivi di praticità, la firma digitale, al momento non esiste una soluzione sicura al 100% dal punto di vista legale. L’unica possibilità per cautelarsi è quella di fare approvare separatamente le clausole vessatorie con un secondo click (ossia, prevedere una seconda checkbox da spuntare) rispetto a quello con cui si approvano le condizioni generali di vendita.
Questa soluzione però non è ancora del tutto condivisa dai giudici italiani.
Il diritto di recesso
È il diritto del cliente di sciogliere il contratto senza la necessità di avere il consenso del venditore.
Il cliente può recedere:
entro 14 giorni a partire dal giorno in cui entra in possesso del bene;
entro 14 giorni + 1 anno se il venditore non informa il cliente sul suo diritto di recesso. Se però entro i 12 mesi il venditore informa il cliente sul diritto di recesso, allora il cliente può recedere entro 14 giorni dal giorno successivo a quello in cui ha ricevuto le informazioni.
Come funziona il diritto di recesso?
1. Il cliente comunica al venditore la sua decisione di recedere dal contratto.
Può comunicarlo ad esempio con una mail, tramite un form presente sul sito o usando il modello prestampato allegato al codice consumo. Il cliente non deve fornire alcuna motivazione al venditore e non deve sostenere costi diversi da quelli di spedizione del reso. Il prodotto può essere stato usato dal cliente.
2. Il venditore deve rimborsare la somma.
Il rimborso deve essere fatto senza ritardo e comunque entro 14 giorni dal giorno in cui il venditore è stato informato della decisione del cliente di recedere, mediante lo stesso mezzo di pagamento usato dal cliente, senza addebitare al cliente alcuna spesa per il rimborso. Il venditore può trattenere il rimborso fino a che non abbia ricevuto indietro i beni o il cliente non abbia dimostrato di aver spedito la merce e sempre salvo che il venditore si offra di ritirare esso stesso i beni.
Il rimborso comprende anche le spese di consegna sostenute dal cliente al momento dell’acquisto. Il venditore non deve rimborsare eventuali costi supplementari: ad esempio se il cliente ha scelto un metodo di consegna diverso da quello meno costoso offerto dal venditore.
3. Il cliente deve restituire i beni entro 14 giorni da quello in cui ha comunicato al venditore di voler recedere. Le spese per la restituzione del prodotto sono a carico del cliente a meno che il venditore non abbia deciso di sostenerle o non abbia informato il cliente che le spese sono a carico del cliente.
Quando è escluso il diritto di recesso
Il diritto di recesso è escluso rispetto a:
la fornitura di beni:
confezionati su misura o chiaramente personalizzati;
che rischiano di deteriorarsi o scadere rapidamente;
sigillati che non si prestano ad essere restituiti per motivi igienici o connessi alla protezione della salute e sono stati aperti dopo la consegna;
che, dopo la consegna, risultano, per loro natura, inscindibilmente mescolati con altri beni.
la fornitura di:
bevande alcoliche, il cui prezzo sia stato concordato al momento della conclusione del contratto di vendita, la cui consegna possa avvenire solo dopo trenta giorni e il cui valore effettivo dipenda da fluttuazioni sul mercato che non possono essere controllate dal venditore;
registrazioni audio o video sigillate o di software informatici sigillati che sono stati aperti dopo la consegna;
giornali, periodici e riviste ad eccezione dei contratti di abbonamento per la fornitura di tali pubblicazioni;
contenuto digitale mediante un supporto non materiale se l’esecuzione è iniziata con l’accordo espresso del cliente e con la sua accettazione del fatto che in tal caso avrebbe perso il diritto di recesso;
alloggi per fini non residenziali;
beni o servizi il cui prezzo è legato a fluttuazioni nel mercato finanziario che il venditore non è in grado di controllare e che possono verificarsi durante il periodo di recesso.
il trasporto di beni
i servizi di:
noleggio di autovetture;
catering o i servizi riguardanti le attività del tempo libero qualora il contratto preveda una data o un periodo di esecuzione specifici
i contratti:
in cui il cliente ha specificamente richiesto una visita da parte del venditore per effettuare lavori urgenti di riparazione o manutenzione. Se, in occasione di tale visita, il venditore fornisce servizi oltre a quelli specificamente richiesti dal cliente o beni diversi dai pezzi di ricambio necessari per effettuare la manutenzione o le riparazioni, il diritto di recesso si applica a tali servizi o beni supplementari;
conclusi in occasione di un’asta pubblica;
di servizi dopo la completa prestazione del servizio se l’esecuzione è iniziata con l’accordo espresso del cliente e con l’accettazione della perdita del diritto di recesso a seguito della piena esecuzione del contratto da parte del venditore.
La garanzia di conformità
La garanzia è uno strumento previsto dalla legge a tutela del cliente in caso di acquisto di un prodotto che sia difettoso, malfunzionante o che non sia conforme all’uso dichiarato dal venditore o all’uso per il quale quel bene è generalmente destinato.
Il ruolo del venditore
Il venditore ha l’obbligo di consegnare beni che siano conformi al contratto di vendita. Il cliente può far valere i propri diritti contattando direttamente il venditore del bene, anche se quest’ultimo sia un soggetto diverso dal produttore.
Quando scade la garanzia
La garanzia legale di conformità opera se il difetto del prodotto si manifesta entro 2 anni dalla consegna del bene e se il cliente, entro 2 mesi dalla scoperta del difetto, lo denuncia al venditore.
I diritti del cliente
Il cliente ha diritto ad ottenere senza spese:
la riparazione o sostituzione del prodotto oppure
la riduzione del prezzo oppure
la risoluzione del contratto.
La consegna del prodotto
La consegna deve avvenire entro 30 giorni dalla data in cui il contratto è concluso, a meno che nel contratto sia indicato un termine diverso.
Cosa accade se non viene rispettato il termine di consegna?
In caso di mancata consegna nel termine previsto, il cliente invita il venditore a consegnare il bene entro un termine supplementare che sia appropriato alle circostanze. In caso di mancata consegna nel termine supplementare il cliente può sciogliere il contratto e ottenere il risarcimento del danno.
Il cliente non deve richiedere il termine supplementare se:
il rispetto del termine originario previsto per la consegna era essenziale, considerate le circostanze in cui è stato concluso il contratto;
il cliente, prima di concludere il contratto, aveva informato il venditore che la consegna entro una determinata data era per lui essenziale.
Controversie
In caso di controversie tra il venditore ed il cliente che sia qualificabile come “consumatore”, la competenza territoriale inderogabile è del giudice del luogo di residenza o di domicilio del consumatore, se questo luogo è in Italia. Eventuali clausole difformi sono da ritenere inefficaci.
La privacy
L’argomento, davvero molto ampio, richiederebbe una trattazione a parte. Certamente due sono le cose a che non devono mancare all’interno del sito internet, vediamo quali sono anche se verranno trattati in modo molto veloce e semplicistico.
Sul sito non deve di certo mancarare l’informativa estesa ed il banner, ben visibile, relativo ai cookies.
Se si ha la necessita, e diciamo che c’è, di fare marketing online (invio newsletter, retargeting ecc.) va rispettato quanto previsto dal GDPR e dai provvedimenti del Garante della Privacy.
Da quanto scritto, un po’ lungo lo so, è evidente come sia importante nella realizzazione di un e-commerce non solo il “tecnicismo” ma anche la conoscenza delle leggi che solo un vero professionista può dare. GLi obblighi informativi possono evitare problemi sia al venditore che al cliente, conoscerli quindi diventa indispensabile.
Devi realizzare il tuo negozio on-line? Contattaci per una consulenza gratuita.
In quest’ultimo periodo si è sentito tanto parlare di e-commerce. Questo “particolare” sito internet ha consentito di mandare un po’ avanti l’economia di piccole e grosse aziende nel periodo di lockdown.
Purtroppo, come spesso accade, sull’apertura – gestione – mantenimento per questo shop on-line tra tante informazioni utili sono circolate anche notizie poco veritiere. Abbiamo perciò deciso, nel nostro stile, di creare una piccola guida sulla normativa da seguire per l’apertuna di un negozio on-line.
Serve un’autorizzazione per aprire un e-commerce?
No, allo stato attuale non serve alcuna autorizzazione specifica. Come sempre però ci sono delle eccezioni per la vendita di alcune categorie di beni. Infatti per vendere on-line prodotti alimentari, bevande alcoliche, farmaci è necessario, a priori, una specifica autorizzazione.
Vuoi aprire un e-commerce? Quali sono i passi da seguire?
Se parti da zero, ovvero non hai un negozio fisico o altro…
procurati prima di iniziare l’iter:
un indirizzo PEC (Posta Elettronica Certificata);
la firma digitale. La firma digitale ha lo stesso valore legale della firma autografa e servirà per i vari adempimenti presso la Camera di Commercio.
le credenziali per Telemaco, strumento telematico per inviare al Registro delle imprese la pratica di Comunicazione Unica.
Se decidi di affidarti ad un professionista, quale ad esempio un commercialista, penserà lui a procurare quanto detto sopra.
Invia la Comunicazione Unica al Registro delle Imprese della Camera di Commercio a cui fai riferimento.
Una volta inviata la pratica, il registro delle imprese spedisce automaticamente all’indirizzo PEC dell’impresa la ricevuta di protocollo e di comunicazione unica, valida per l’avvio dell’impresa.
La Camera di Commercio inoltra automaticamente la comunicazione all’Agenzia delle Entrate, all’INPS e all’INAIL.
Ma cos’è la Comunicazione Unica?
Con la Comunicazione Unica è possibile in un unico contesto:
richiedere il codice fiscale e la partita iva;
aprire la posizione assicurativa presso l’INAIL;
chiedere l’iscrizione:
all’INPS dei dipendenti o dei lavoratori autonomi;
al registro delle imprese tenuto dalle Camere di Commercio;
al VIES (VAT Information Exchange System) se vuoi vendere anche all’estero;
presentare l’eventuale SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) per il SUAP (Sportello Unico delle Attività Produttive). Precisiamo: volendo puoi presentare la SCIA direttamente al SUAP e non tramite la Comunicazione Unica
Se possiedi già un negozio fisico allora devi…
aggiungere alla partita iva il codice di attività relativo al commercio online (codice Ateco), come attività secondaria, tramite l’Agenzia delle Entrate.
Non dimenticare di comunicare alla Camera di Commercio lo svolgimento della ulteriore attività di vendita al dettaglio per corrispondenza. Devi presentare la SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) al SUAP (Sportello Unico delle Attività Produttive).
Anche in questo caso viene in aiuto la Comunicazione Unica che ti consente di inviare il tutto al Registro delle Imprese della Camera di Commercio.
Per aprire un e-commerce dobbiamo conoscere la SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività)
Che cosa è?
È un atto con il quale tu, titolare del negozio on-line, segnali alla pubblica amministrazione l’avvio della tua attività commerciale e ti assumi la responsabilità di dichiarare che l’attività risponde ai requisiti previsti dalla legge.
Cosa contiene?
Come contenuto del documento vanno indicate, tra le altre cose, di possedere alcuni requisiti morali e professionali.
Tra le cose da dichiarare va indicato di non essere stato dichiarato fallito o non aver riportato condanne per alcuni tipi di reato; il settore merceologico (alimentare o non alimentare); l’indirizzo del sito web.
A chi va presentata la SCIA?
La SCIA va presentata al SUAP (Sportello Unico Attività Produttive) del Comune di residenza, se il titolare dell’e-commerce è una persona fisica o in cui l’esercente ha sede legale, se il titolare dell’e- commerce è una persona giuridica.
Come va presentata?
La SCIA può essere presentata al SUAP tramite la Camera di Commercio territorialmente competente, come allegato alla Comunicazione Unica.
Per accedere al SUAP del tuo Comune vai www.impresainungiorno.gov.it
Ho inviato la Scia e ora cosa devo fare?
Complimenti, ora il SUAP ti rilascia una ricevuta che ti consente di iniziare immediatamente l’attività di e-commerce.
Ci sono controlli? CERTO!
Alla presentazione della SCIA la Pubblica Amministrazione inizia l’iter per verificare se quanto dichiarato sia conforme alla legge. Nel caso in cui fosse accertata la mancanza di qualche requisito, la Pubblica Amministrazione, entro 60 giorni dal ricevimento della segnalazione, può:
vietare che l’attività di e-commerce prosegua;
invitarti a conformarti alla legge, se ciò sia possibile: in questo caso la PA indica le misure necessarie che devi adottare entro un termine non inferiore a 30 giorni e ti invita a sospendere nel frattempo l’attività. Se non adotti queste misure nel termine indicato, l’attività di e-commerce è vietata.
Aprire un e-commerce non è soltato crearlo dal punto di vista tecnico, è necessario conoscere bene la normativa al fine di evitare problemi. Farsi affiancare da un buon professionista è la soluzione ideale per non avere problemi in corso d’opera. In un prossimo articolo continueremo a parlare di e-commerce e degli obblighi informativi che devono essere presenti.
Se hai qualche dubbio o vuoi aprire il tuo shop on-line siamo a disposizione per indicarti la strada migliore per la sua realizzazione.
Capita, soprattutto quando ci richiedono la realizzazione di portali internet, che il cliente sia sprovvisto di un logo per la sua attività o azienda. Cosa ancor più grave quando si usano come loghi immagini prelevate da internet e utilizzate senza autorizzazione o, ed è successo davvero, la foto dell’amato cagnolino di famiglia.
Ma è davvero così importante avere un logo aziendale? In questo periodo, in cui la fretta la fa da padrone, come si può attirare l’attenzione?
Le risposte sono SI e con un logo progettato e realizzato come si deve.
Il logo è uno di quegli elementi che sono indispensabili per far ottenere il successo sperato, proprio come lo sono la professionalità e i prodotti di qualità. Averlo è importante, ma averne uno che funzioni è fondamentale.
E un logo “funzionante” deve rispondere positivamente ad alcune semplici caratteristiche. Vediamo insieme quali sono:
1. Catturare l’attenzione.
Si ha davvero poco tempo per far colpo sul consumatore. Solo 2 (due) secondi per convincere un potenziale cliente a prenderci in cosiderazione. In questo piccolo lasso di tempo il cliente deve notarci e decidere se investire tempo e denaro. Il logo, quindi, deve essere chiaro e coerente.
2. Suscitare interesse
Come in quasi tutte le cose la prima impressione è quella che conta e, quindi, non va sprecata.
Un logo deve essere pensato e progettato in modo tale che riesca a suscitare subito l’interesse del consumatore. Un buon logo (attenzione non è detto che un bel logo sia anche “buono”) riuscirà ad avere più probabilità di successo. Il logo deve far capire velocemente a qual è il target di riferimento target e quali sono i servizi e/o prodotti che vengono offerti.
3. Il logo racconta ciò che si è e cosa si sarà
Il logo deve saper raccontare dell’Azienda e, soprattutto, deve generare emozione. Non si può lasciare tempo all’interpretazione del logo, tutto deve essere indicato e riconoscibile in poco tempo.
Come è possibile fare ciò?
I colori, lo stile, il font, il payoff – filosofia scritta in chiare lettere – sono gli elementi estetici che danno carattere e tono all’Azienda e devono essere coerenti con il messaggio che si vuole trasmettere. È importante che siano costanti e che il cliente li ritrovi in ogni aspetto comunicativo dell’azienda. Per questo sarà necessario creare l’immagine coordinata.
4. Il logo deve essere semplice, facile da ricordare
Il logo è il collegamento tra l’Azienda e il cliente. Equilibrio, semplicità, funzionalità sono gli aspetti necessari per un buon logo. Questi elementi devono essere gradevoli e devono trasmettere positività.
Il logo deve far ricordare cosa si è. Il naming – ovvero il nome dell’Azienda – può non avere queste caratteristiche, ma l’aspetto deve immediatamente catturare l’attenzione e far sì che il cliente si ricordi di noi, per colore, segno grafico e immagine.
5. Il logo deve distinguersi dai competitor
Loghi simili tra loro non fanno la differenza… sono il “male assoluto”. Ogni Azienda è diversa dalle altre, allora perchè il logo deve essere uguale? Il logo deve trasmettere l’unicità della tua realtà. Deve trasmettere la professionalità aziendale al primo sguardo.
Per concludere
Fare un logo non è semplice e richiedere del tempo. Per averne uno che funzioni bisogna affidarsi a persone esperte, che con la loro esperienza e creatività, possono realizzare il logo più adatto alle necessità.
Contattaci per una consulenza gratuita, sapremo consigliarti al meglio.
Uno dei termini maggiormente diffusi in questo periodo è VPN. Ma cosa significa? Cosa si cela dietro questo termine di 3 lettere ? Cercheremo di spiegarlo in modo semplice.
Che cos’è una VPN?
VPN significa “Virtual Private Network” (rete virtuale privata). È un servizio che cripta il tuo traffico internet e protegge la tua identità online.
La rete è intesa come privata perché per accederci bisogna avere un account con delle credenziali e virtuale perché viene instaurato un ponte di connessione virtuale punto a punto tra chi si connette (ad esempio voi con un client VPN tramite un software VPN) e uno dei server della VPN.
Quali possono essere gli esempi di utilizzo di rete virtuale privata?
In ambito lavorativo un esempio di VPN è un ufficio che permette ai dipendenti di connettersi da casa, tramite un client VPN per poter lavorare da casa come se fossero in ufficio, vedendo gli stessi file e cartelle.
Pensiamo inoltre a chi fa uso di Torrent e P2P, la connessione potrebbe essere rallentata dal provider. Tramite una VPN si possono bypassare i blocchi e rallentamenti del provider.
Gli usi che uno può fare di una connessione VPN sono chiaramente molto di più.
E la sicurezza?
Immagina una rete Wi-Fi pubblica, ad esempio quella di un bar, di un ristorante o anche di un aeroporto. Pensa ai dati che utilizzi utilizzando questa connesisone. Password, dati bancari, numeri della carta di credito e ad ogni altra informazione privata che invii ogni volta che navighi su internet.
Come fai a sapere chi potrebbe tenere sotto controllo il traffico della rete? Hai la certezza che l’hotspot sia legittimo? E se fosse gestito da criminali che vogliono accedere ai tuoi dati personali?
Senza una Virtuale Private Network, la tua connessione è totalmente scoperta. Persone e dispositivi che non conosci possono visualizzare i tuoi dati, registrarli e usarli in modi su cui non hai alcun controllo, ad esempio l’ISP (Internet Service Provider, fornitore di servizi internet), il tuo datore di lavoro, il router Wi-Fi del bar a cui ti sei connesso, i server lungo il percorso e qualsiasi persona con gli strumenti giusti. Sulla base del tuo indirizzo IP, che dipende dalla posizione geografica, siti e servizi terzi potrebbero mostrarti prezzi diversi, oppure bombardarti con fastidiose pubblicità personalizzate.
Con una connessione VPN, puoi garantirti la tranquillità di sapere che i tuoi dati sono criptati e il tuo indirizzo IP è nascosto. Il tuo ISP non è più in grado di vedere quali siti web visiti, perché tutta la tua attività passa attraverso il server VPN. Di conseguenza, non può raccogliere i tuoi metadati internet né conservare la tua cronologia di navigazione.
Soprattutto, non può condividere questi dati con nessuno.
Può servirmi una Virtual Private Network?
Anche se non hai nulla da nascondere, probabilmente non ti piace l’idea di essere osservato e monitorato. Il motivo principale per cui gli utenti di internet scelgono i servizi offerti dalla rete privata virtuale è garantire la propria privacy e sicurezza online.
Quando navighi su internet utilizzando una rete privata virtuale, le tue comunicazioni sono criptate, così l’ISP, il governo, gli hacker e altri soggetti terzi non possono vedere quali siti web visiti e non possono interferire con le tue attività online.
Un altro aspetto importante dell’uso di una VPN è che ti consente di accedere alla rete internet ovunque ti trovi. Una VPN ti permette di connetterti a centinaia di server remoti in diversi luoghi, bypassando così anche eventuali censure.
Abbiamo, come già detto, affrontato l’argomento volutamente in modo non tecnico ma descrittivo. Se vuoi maggiori infomazioni su questa tecnologia puoi contattarci senza problemi.
Aiutare la ricerca sul COVID-19? Si può fare a occhi chiusi. No, non stiamo scherzando, è veramente possibile aiutare la ricerca in modo facile e veloce.
Come? È semplice, continua a leggere questo articolo e lo scoprirai.
Folding@home è un progetto che utilizza il calcolo distribuito per simulare e studiare diversi fenomeni. Fenomeni quali il ripiegamento delle proteine, la progettazione di farmaci e altri tipi di dinamiche molecolari.
Questo progetto usa la potenza di calcolo inutilizzata di migliaia di PC di proprietà di volontari che hanno deciso di installare e di eseguire un apposito software sul proprio computer. Il suo scopo principale è quello di determinare i meccanismi di ripiegamento delle proteine, che è il processo mediante il quale le proteine raggiungono la loro struttura tridimensionale finale, e di esaminare le cause che portano ad errati ripiegamenti delle stesse.
Una volta effettuato il download si può procedere con l’installazione al termine della quale ti comparirà una schermata simile a questa:
Da questa schermata possiamo anche decidere se rimanere anonimi oppure creare un account dove è possibile accumulare dei punti. Il sistema ci fornirà anche altre indicazioni come ad esempio l’utilizzo della
Avrai notato che alla voce “I support research fighting” non comparare la dicitura del CORONAVIRUS. Nessun problema, scegliendo la voce “Any Disease” puoi contribuire alla ricerca anche del COVID-19. Se preferisci puoi anche cambiare tipo di patologia.
In conclusione, abbiamo appena visto come è possibile aiutare la ricerca semplicemente con un computer ed una connessione ad internet. Basta poco per fare tanto. 😉
Scegliere il nome di un sito web è uno dei primi step con il quale abbiamo a che fare per il lancio di un nuovo portale. Può sembrare una operazione banale ma, fidati, non lo è.
Alcune volte il non riuscire a scegliere un nome adatto fa si che si ritardi il lancio del portale… e credimi, non è una bella cosa.
Il Naming, ovvero l’attività con la quale si assegna un nome ad un prodotto, un brand o, in generale, a un progetto online come un sito, è un processo cruciale, complesso, carico di implicazioni che non si possono trattare con superficialità.
La scelta del nome da dare al progetto è tra le cose più difficili. In fondo sarà quello il nome che identificherà il portale sul web, che lo farà ricordare e che invoglierà gli utenti a scegliere questo sito piuttosto che quello di un competitor (concorrente).
In questi casi è facile farsi prendere dall’ansia e dalle mille domande, ma questo atteggiamento non aiuta. Per cui relax e segui i nostri consigli. Cercheremo di aiutarti nel trovare nel modo più semplice il nome adatto.
Pronto a leggere i nostri consigli? Bene, allora iniziamo!
Per iniziare ricorda i punti salienti per la scelta del nome. Un nome, infatti, deve rispondere a diverse caratteristiche per potersi dire buono.
Infatti, deve essere:
pieno di vitalità: non deve annoiare mai, non deve essere banale o scontato.
a fuoco: deve essere breve, incisivo e chiaro.
semplice: non deve essere lungo come una frase.
pertinente ma inaspettato: deve avere a che fare con ciò che l’azienda tratta, ma assumere un significato inaspettato in base ai messaggi da lanciare.
significativo: il Naming ha un suo ruolo e deve assolverlo alla perfezione. Per esempio, se un’azienda vuole posizionarsi come buddy brand può, anzi deve farlo a partire dalla scelta del suo nome.
competitivo: il nome deve rappresentare tutto ciò che gli altri, i concorrenti, non sono. O che non hanno né avranno.
duraturo: il name deve resiste negli anni, è qualcosa che l’azienda non potrà né dovrà mai cambiare. Ma, soprattutto, è qualcosa che i concorrenti non potranno mai avere.
serio: “le persone non comprano niente dai clown” (David Olgivy). È pur vero che un nome creativo può essere di aiuto per un brand dall’identità amichevole e giocosa.
Detto ciò non fare questa scelta in modo istintivo, perché un naming magari non è per sempre, ma ti identifica subito. Inoltre, se puoi, evita di chiamarti come si chiamano già millemila aziende e attività commerciali, cerca di distinguerti e, soprattutto, di facilitare il processo di posizionamento del brand, sia sul web che offline.
Ultimo consiglio, frutto di un mio enorme errore di valutazione: compra tutti i domini possibili, altrimenti ti troverai con qualche copione che, cambiando l’ultima lettera del tuo nome, prova a fregarti visibilità. Storie di vita vissuta, fidati di me!
Pronto a scegliere il nome di un sito, magari il tuo?
Ricapitoliamo i consigli che ti posso dare per rendere il processo di Naming davvero proficuo:
La tua creatività gioca un ruolo importante ma non scegliere un nome d’istinto.
Rifletti sui tuoi obiettivi o sulla mission del tuo brand.
Pensa ad un nome breve, chiaro, incisivo.
Concentrati su nomi semplici ma non banali.
Trova un nome che trasmetta fiducia e professionalità.
Cerca di essere sorprendente ma coerente con quello di cui ti occuperai.
Dai l’idea di un plus rispetto alla concorrenza: devi distinguerti dagli altri brand del tuo settore.
Preferisci un nome immediato, che sia facile da ricordare.
Assicurati che il nome che hai scelto per il tuo blog o sito rappresenti la tua attività sul web.
Opta per nomi duraturi, che possano resistere al passare degli anni.
Verifica che non ci siano altri brand, concorrenti ma anche estranei al tuo settore, che già utilizzino quel nome.
Verifica che i principali domini web siano liberi.
L’attività di Naming per un nuovo blog o sito web, così come per un brand o per un nuovo prodotto, è un’attività indubbiamente complessa, ma se la affronti con occhio critico e una visione ad ampio raggio, troverai il nome perfetto.
Come hai visto, è fondamentale ragionare su poche, semplici parole in grado di descrivere con precisione l’attività che svolgerai sul web. Un compito di certo non proprio facile ed immediato ma non di certo impossibile.
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