GMD Group Italia - Sito internet

L’importanza di avere un sito internet

In un epoca dove in molti pensano che basti avere i profili sui social dobbiamo, ancora una volta far presente che solo i social non bastano per avere una adeguata presenza su internet. Avere un sito internet, infatti, è importante perché ti permette di raggiungere un pubblico più vasto, migliorare la tua immagine aziendale, fornire informazioni accessibili, espandere il tuo mercato, implementare strategie di marketing e facilitare la vendita online.

Per comodità abbiamo riassunto tutto in alcuni punti salienti, vediamo quali sono:

Presenza online

Viviamo in un’era digitale in cui la maggior parte delle persone cerca informazioni, prodotti e servizi online. Avere un sito web consente alla tua attività di essere presente e visibile su Internet, raggiungendo un pubblico molto più ampio rispetto alle tradizionali forme di pubblicità.

Credibilità e professionalità

Un sito web ben progettato e aggiornato trasmette un’immagine di credibilità e professionalità per la tua attività. I potenziali clienti possono valutare la tua serietà e affidabilità attraverso il tuo sito web, e un design accattivante e funzionale può influenzare positivamente la percezione che hanno della tua azienda.

Informazioni accessibili

Un sito web ti consente di fornire informazioni dettagliate sui tuoi prodotti, servizi, orari di apertura, contatti e altre informazioni pertinenti. I visitatori possono accedere a queste informazioni in qualsiasi momento e da qualsiasi luogo, migliorando l’accessibilità e la convenienza per i potenziali clienti.

Espansione del mercato

Con un sito web, la tua attività non è più limitata geograficamente. Puoi raggiungere potenziali clienti in tutto il mondo e espandere il tuo mercato senza le limitazioni di uno spazio fisico. Questo apre nuove opportunità di crescita per il tuo business.

Strumenti di marketing

Un sito web offre una piattaforma per implementare diverse strategie di marketing. Puoi utilizzare il tuo sito per promuovere i tuoi prodotti o servizi, avviare campagne di pubblicità online, raccogliere feedback dai clienti e creare un database di contatti per futuri scopi di marketing.

Vendita online

Se hai un’attività di e-commerce, un sito web è fondamentale per vendere i tuoi prodotti online. Puoi creare un negozio online integrato nel tuo sito web e raggiungere clienti che preferiscono fare acquisti comodamente da casa o da dispositivi mobili.

    Certificato SSL

    Cos’è e a che serve il certificato SSL

    Se fino a qualche tempo fa creare un sito web senza disporre di alcun certificato SSL era abbastanza comune ora le cose sono nettamente cambiate. Infatti, il numero di certificati SSL è aumentato sensibilmente e oggi, per chi gestisce uno o più siti web, accedere a questa risorsa è diventato molto più semplice.

    Ma cosa sono i certificati SSL e a che servono? Come sempre, nel seguito di questo articolo, cercheremo di fare chiarezza in modo semplice senza entrare troppo nei dettagli tecnici.

    Premessa

    Prima di entrare nel vivo dell’argomento è bene fare con un piccolo excursus sui certificati SSL. In generale, un certificato digitale non è altro che un documento elettronico in grado di attestare un’associazione univoca tra una chiave privata (utilizzata generalmente come parte di un algoritmo di crittografia), e l’identità di un soggetto (che può essere una persona fisica o un’organizzazione).

    Cos’è un certificato SSL?

    SSL è l’acronimo di “Secure Sockets Layer”, un protocollo che consente la trasmissione di informazioni in modo criptato e sicuro. Con un certificato SSL, quindi, è possibile proteggere i dati degli utenti del proprio sito web impedendo a terzi di intercettare e leggere le informazioni trasferite.

    A cosa servono i certificati SSL?

    Ogni volta che si visita un sito internet è noto che tra il nostro browser e il server su cui è ospitato il sito ci sia uno scambio di dati. Diverse sono le tipologie di dati che vengono scambiati e, tra i più sensibili, abbiamo le generalità dell’utente e i dati della carta di credito (ovviamente se il sito in questione èun e-commerce).

    Se questo scambio non avviene in modo sicuro, è possibile che i dati vengano intercettati da individui non autorizzate e che poi per scopi illeciti.

    Per prevenire il rischio di reati informatici, vengono utilizzati il protocollo HTTPS e la tecnologia SSL (Secure Socket Layer). Tale certificato, emesso da un ente certificatore, consente di criptare le informazioni scambiate tra browser e server rendendole non intercettabili.

    Un dominio con un certificato SSL associato è garanzia di autorevolezza e serietà.

    SSL e ottimizzazione SEO

    Se uno sviluppatore web non utilizza i certificati SSL deve avere chiaro che ai problemi di sicurezza, si aggiungono anche quelli legati all’ottimizzazione del posizionamento sui motori di ricerca (Search Engine Optimization, o SEO). Da molto tempo, infatti, i motori di ricerca – Google in primis – hanno iniziato ad attuare politiche di posizionamento che premiano significativamente i siti che supportano HTTPS, a discapito di chi non offre un livello di sicurezza opportuno.

    Infatti, Google considera l’utilizzo di HTTPS o SSL come un fattore di ranking e da Ottobre 2018 Google Chrome, il browser di Google, ha iniziato ad evidenziare in rosso i siti non sicuri perché privi di un certificato SSL imponendo di fatto l’utilizzo di HTTPS o SSL a qualsiasi sito Web.

    È evidente che una qualsiasi azienda che voglia essere su internet in modo opportuno non può prescindere dal dotarsi di un certificato SSL.

    Come riconoscere un sito “sicuro”

    Per riconoscere un sito web sul quale è attivo e correttamente installato un certificato SSL occorre fare attenzione all’indirizzo del sito web sulla barra di navigazione del browser.

    Possiamo dire che la differenza sostanziale è questa:

    • i siti che iniziano per “http://” non sono sicuri perché non hanno un certificato SSL: trasmettono i dati in chiaro e non garantiscono una connessione sicura a chi li visita;
    • i siti che iniziano per “https://” sono sicuri perché hanno un certificato SSL che gli consente di trasmettere dati cifrati incomprensibili a terzi.

    Inoltre, i siti che usano un certificato SSL sono riconoscibili dalla presenza di un lucchetto a sinistra dell’indirizzo web.

    Certificati SSL quale scegliere

    Come già detto, i certificati SSL vengono rilasciati da enti certificatori accreditati (Certification Authority), incaricati in alcuni casi anche a valutare il sito dell’azienda che richiede il certificato SSL.

    I certificati SSL non sono tutti uguali; esistono, infatti, diversi tipi di certificato e ognuno garantisce un livello di sicurezza diverso.

    Le tipologie principali di certificati SSL sono 3: Domain Validated (DV), l’Organization Validated (OV) e l’Extended Validated (EV).

    Il certificato SSL Domain Validated (DV) è il più economico e veloce da ottenere perché non richiede una verifica approfondita. Infatti, l’ente certificatore verificherà soltanto che il richiedente sia effettivamente il proprietario del dominio.

    Il certificato SSL Organization Validated (OV) richiede un periodo di attesa più lungo perché viene rilasciato dopo un’attenta analisi della società richiedente. È il certificato migliore per Aziende e piccoli siti di e-commerce per garantire agli utenti transazioni sicure.

    Il certificato SSL Extended Validated (EV) è in grado di garantire la massima sicurezza sull’identità del sito e sull’affidabilità dell’azienda. Chi ha scelto questo tipo di certificato è facilmente riconoscibile dalla presenza di una barra verde contenente il nome dell’azienda richiedente. Per queste sue caratteristiche, il certificato SSL EV è la scelta migliore per i gradi siti di e-commerce e per le aziende High Brand Identity.

    Errore 404 - Redirect

    I redirect, cosa sono e a che servono

    Chi ha a che fare con il mondo del Web prima o poi si ritrova ad affrontare i cambi di indirizzi e quindi con i redirect. I redirect sono uno degli strumenti principali che abbiamo a disposizione nel campo SEO. Infatti nel mondo della SEO ci sono tante situazioni in cui il loro uso costituisce, se ben usati, un ottimo alleato per risolvere diversi problemi.

    Cos’è un redirect?

    Un redirect è una particolare funzionalità di “inoltro” che permette di reindirizzare gli utenti verso un URL diverso da quello richiesto. Sono delle istruzioni che vengono implementate nel sito attraverso delle stringhe di codice. Anche i motori di ricerca riceveranno la stessa istruzione di cambio URL nel momento in cui interrogheranno il vecchio percorso URL.

    In poche parole quando qualcuno andrà ad inserire un determinato indirizzo (URL) sul browser, l’eventuale reindirizzamento impostato interverrà portando l’utente in una posizione differente rispetto a quella inizialmente indicata.

    Quando si usano?

    Il loro uso è molto utile quando ad esempio:

    • riscontriamo un link rotto (interno o esterno), che punta quindi ad una pagina che oggi non esiste più
    • vogliamo spostare il sito su un altro dominio
    • vogliamo fare un cambio CMS e quindi di struttura URL
    • vogliamo fare “manutenzione” – ricordate l’importanza della manutenzione di un sito internet? – su una pagina e quindi preferiamo che gli utenti visitino temporaneamente una pagina differente
    • e per molte altre cose…

    Dal punto di vista della SEO, un redirect ha lo scopo di mostrare un contenuto mantenendone il posizionamento, evitando così problemi a livello di SERP causati da risultati non raggiungibili e perdite di rank.

    Infatti, se per i più disparati motivi un URL cambia, gli utenti (e i motori di ricerca) si troveranno a navigare verso un indirizzo irraggiungibile, per finire a scontrarsi con errore 404.

    Pagina Google errore 404
    Il redirect ci viene in aiuto per informare gli spider dei vari motori di ricerca che c’è stato un cambiamento e che quindi, nel momento in cui qualcuno si muoverà verso il vecchio indirizzo, dovrà essere automaticamente portato a quello nuovo.

    Quali sono i tipi di redirect

    Esistono diverse tipologie di redirect, ognuna con una funzione ben specifica. Capirne la differenza è essenziale per salvaguardare ciò che di buono abbiamo creato (lato SEO) e soprattutto sfruttare i giusti redirect a nostro vantaggio.

    I più utilizzati, o meglio i più conosciuti, tra chi si occupa di SEO sono essenzialmente 2, ovvero:

    Redirect 301

    Questo è, senza ombra di dubbio, il redirect più utilizzato. Si tratta di un reindirizzamento permanente e indica dunque un cambio senza ritorno di una determinata pagina. Questo redirect passa il cosiddetto “Page Rank” alla pagina sostituente, quindi dovrebbe attribuirle in tutto (o in parte) il suo valore accumulato nel tempo. Quando usiamo un 301, Google dovrebbe – il condizionale è d’obbligo visto che non abbiamo accesso ai sistemi Google – rimuovere la vecchia pagina dal suo indice sostituendo quel risultato con il nuovo URL.

    Redirect 302

    Questo redirect, al contrario del redirect 301, comunica ai motori di ricerca che la pagina è stata spostata temporaneamente a un nuovo indirizzo. Più nello specifico, bisogna sapere che nella prima versione dell’Hyper Text Transfer Protocol (HTTP 1.0) il 302 è effettivamente legato allo stato ‘Moved Temporarily’, mentre con HTTP 1.1 corrisponde al codice di stato ‘Found’ (laddove invece il famoso codice 404 fa riferimento al famigerato codice di stato ‘Not Found’). Anche questo tipo di redirect “passa valore” alla nuova pagina.

    Altre tipologie e applicazioni (probabilmente meno diffuse) sono:

    Redirect 307

    Il redirect 307, nell’universo HTTP 1.1, è un po’ il sostituto del 302 e indica il reindirizzamento temporaneo. Non avendo la certezza che i motori di ricerca interpretino la singola pagina come compatibile con il protocollo HTTP 1.1 è consigliabile usare sempre il redirect 302 quando si tratta di uno spostamento temporaneo.

    Redirect tramite Meta refresh

    Questo è un reindirizzamento conosciuto ma “temuto” da chi si occupa di SEO, e non senza motivo. Si tratta infatti di un reindirizzamento che non opera tanto a livello di server, quanto a livello di pagina. In parole povere ha 2 principali criticità:

    • la funzionalità di inoltro risulta più lenta (a discapito quindi dell’usabilità utente)
    • si tratta di un redirect che non “passa valore” alla pagina in sostituzione (cosa che i redirect 301 e 302 fanno)

    I redirect per gli e-commerce

    Si è già sottolineato che, nel caso degli e-commerce, i redirect sono particolarmente utilizzati. Non è infatti raro ritrovarsi con dei prodotti i quali, dopo aver guadagnato un’ottima posizione sulla SERP, semplicemente terminano o vengono messi fuori produzione.
    Che fare allora? Diamo alcuni consigli utili su come muoversi in questa situazione:

    • se il prodotto è semplicemente terminato in magazzino, NON eliminarlo e NON applicare nessun redirect! Lascialo attivo (in status code 200) e magari permetti l’acquisto specificando che i tempi di consegna saranno di XX giorni (sino a quando il prodotto non sarà quindi disponibile)
    • se il prodotto invece non ritornerà mai più disponibile, allora disattiva il prodotto e segui questa regola:
      • se hai a disposizione un prodotto veramente molto molto simile, allora applica un redirect 301 verso il sostituto
      • se invece non hai nessun prodotto sostituibile, allora meglio uno status codice 404 (o ancora meglio 410).

    Il redirect in caso di restyling di un sito web

    In caso di migrazione verso un nuovo URL, nell’eventualità di un cambio dell’alberatura o magari del CMS, o ancora per un generico intervento di restyling o cambio HTTP > HTTPS, al fine di evitare un doloroso tracollo in termini di posizionamento e fatturato, un buon SEO userà certamente dei redirect mirati.

    Alcuni casi sono più pericolosi di altri, come il cambiamento di CMS, ad esempio, ma in genere nessun cambio URL deve essere preso con leggerezza: anche il classico trasferimento da un dominio vecchio a uno nuovo deve essere fatto con la massima attenzione, per non andare incontro a delle perdite di ranking.

    Ricorda sempre che l’analisi è alla base di tutto e pianificare per bene l’intervento è essenziale per raggiungere un buon risultato. Ma soprattutto mai affidarsi a degli “improvvisati” – potrebbero utilizzare i tipi di redirect errati, ad esempio –  se non si vuole perdere buona parte del posizionamento ottenuto.

    Ecommerce, gestire le spese di spedizione

    Gestire le spese di spedizione di un e-commerce

    Il settore dell’ecommerce in questi ultimi anni è in forte crescita e sta dimostrando le sue grandi potenzialità ma non è tutto rose e fiori. Diverse possono essere le problematiche che possono portare uno shop on-line all’insuccesso. Il non saper come gestire le spese di spedizione è una di queste. Infatti, una ricerca condotta dal Baymard Institute si è concentrata sui motivi per i quali una percentuale molto alta di utenti, circa il 68%, di un sito e-commerce abbandona il carrello in fase di acquisto.

    Dai dati, è emerso che nel 50% dei casi l’abbandono del carrello durante il checkout è dovuto a costi troppo alti, eventuali tasse e, in particolar modo, spese di spedizione.

    Mentre per i costi e le tasse non possiamo dare consigli vedremo, proseguendo nella lettura di questo articolo, come si può “intervenire” sulle spese di spedizione. Va detto che i fattori che determinano i costi di spedizione sono numerosi e non dipendono esclusivamente da chi gestisce il negozio online. Tuttavia l’incidenza di tali costi non può essere trascurata, pena il fallimento dell’ecommerce.

    Spese di spedizione: da cosa dipendono e come ridurle

    Ridurre le spese di spedizione vuol dire trovare la soluzione più vantaggiosa sia per i clienti che per il venditore. Bisogna trovare un giusto equilibrio, i margini di profitto non devono risultare intaccati e, allo stesso tempo, che gli utenti non abbandonino il carrello.

    Per gestire le spese di spedizione al meglio bisogna, in genere, prendere in considerazione alcuni punti chiave:

    • il peso della merce da spedire
    • la scelta del corriere e gli eventuali servizi aggiuntivi
    • la tariffa da applicare
    • gli imballaggi per la spedizione

    Prodotti da spedire

    Il primo fattore a influire sulle spese di spedizione di un shop online è chiaramente la merce da spedire. Oltre alla tipologia di prodotto, che potrebbe influire in alcuni casi a determinare i costi – es. bottiglie di vetro, cibo fresco, etc -, vanno anche valutati peso, ingombro e dimensioni dei colli.

    Non tutti i corrieri valutano le cose allo stesso modo: per alcuni incide di più il peso dei pacchi, per altri le dimensioni, per altri ancora la tipologia di merce.

    L’importante è avere le informazioni sui costi che applicano i corrieri per tempo per poter scegliere il vettore che offre la tariffa più vantaggiosa per la spedizione. Ovviamente, sul peso del pacco, e dunque sul costo totale della spedizione, influiscono anche il tipo di imballaggio e la confezione.

    Altro aspetto da non sottovalutare è la destinazione della merce. Le distanze da coprire sono, infatti, un altro fattore notevole di costo. Nel caso in cui sia necessario ricorrere ai mezzi di trasporto, ad esempio via mare per isole minori, le tariffe del corriere inevitabilmente saliranno.

    Servizi aggiuntivi: tracking e assicurazione

    Prendiamo ora in considerazione i servizi aggiuntivi che, ovviamente, influiscono sui costi di spedizione ma che rassicurano i clienti nell’acquisto.

    Tra i plus più richiesti ci sono il tracking e l’assicurazione, entrambi raccomandati specie nel caso in cui venga spedita merce di un certo valore.

    Il tracking

    Il tracking permette al cliente di monitorare, tramite un link, il tragitto della merce e quindi di prevedere la puntualità della consegna.

    L’assicurazione sulla spedizione

    L’assicurazione offre garanzia e protezione nel caso di prodotti danneggiati o smarriti. Si tratta di una tutela utile sia all’acquirente che al venditore.

    La scelta del corriere

    Il fattore che influisce maggiormente sulle spese di spedizione è il corriere al quale ci si rivolge. Le tariffe, infatti, le decide il corriere, ma si può sempre tentare di contrattare per ottenere delle condizioni più convenienti.

    Nella scelta del vettore migliore consigliamo di non soffermarsi solo sulle tariffe offerte, prendiamo anche in considerazione eventuali tempi di consegna (tempi previsti e garantiti) e i servizi aggiuntivi che offre.

    Nella scelta del corriere a cui affidare i prodotti da recapitare ai tuoi clienti ti consigliamo, però, di non guardare solo le tariffe; queste sono ovviamente decisive, ma ci sono anche altre

    Ovviamente ciò influirà sulle spese di spedizione; proprio per questo è importante cercare di stringere con i corrieri accordi commerciali che permettano di ottenere il massimo al prezzo più vantaggioso.

    Spedizioni gratuite o tariffa forfettaria?

    Una domanda che chi gestisce uno shop on-line si trova ad affrontare. Qualunque sia la risposta, che si tratti di spedizione gratuita o di tariffa forfettaria, la scelta non deve mai rappresentare uno svantaggio per il venditore. Vediamo un po’ più in dettaglio cosa consistono entrambe le soluzioni.

    Spedizioni gratuite

    La spedizione gratuita è il sogno di ogni acquirente. Si tratta infatti di un vero e proprio incentivo che riduce di molto l’eventualità di abbandono del carrello subito prima di finalizzare l’acquisto.

    Ci sono alcune strategie che possono essere applicate per offrire la spedizione gratuita ai clienti senza doverci rimettere. Ad esempio, si potrebbe:

    • far sì che il costo della merce assorba le spese di spedizione
    • offrire la spedizione gratuita al raggiungimento di una certa soglia di spesa
    • annullare il costo della spedizione con l’acquisto di determinati prodotti
    • riservare la spedizione gratuita ai clienti più “fedeli”
    • rendere la spedizione gratuita solo al primo acquisto
    • annullare i costi per i pagamenti con carta di credito

    Tariffa forfettaria – tariffa fissa

    La scelta della tariffa forfettaria diventa particolarmente vantaggiosa nel caso in cui l’e-commerce venda prodotti simili e tutti all’incirca delle stesse dimensioni e peso. Ovviamente deve trattarsi di una tariffa in linea con il costo medio dei prodotti presenti in vetrina – la spedizione non può avere costi più alti della merce per intenderci -, altrimenti gli acquirenti potrebbero intenderlo come un grosso svantaggio.

    Gli imballaggi della merce

    Ultimo fattore in grado di incidere notevolmente sulle spese di spedizione sono gli imballaggi.

    Questi devono ovviamente essere di ottima qualità per evitare che la merce si danneggi durante il tragitto. Tuttavia, questo non significa dover spendere cifre enormi per proteggere adeguatamente i prodotti.

    Si potrebbero comprare grandi quantità di materiale di imballaggio all’ingrosso per ottimizzare i costi, oppure utilizzare materiali molto resistendi ma leggeri in moodo da ridurre il peso.

    Sconsigliamo di utilizzare imballaggi molto più grandi del dovuto. Infatti, anche un imballaggio più grande influisce sia sul volume della spedizione che sul peso.

    Un’altra soluzione per risparmiare, ma che non tutti i corrieri prevedono, è utilizzare i materiali di imballaggio forniti dai corrieri stessi. Si avrà così la certezza di una confezione perfettamente in linea con gli standard previsti dal vettore scelto.

    Il metodo migliore per risparmiare? Riciclare. Si possono recuperare scatole in cartone in ottime condizioni e riutilizzarle per le spedizioni successive. Lo stesso si può fare con i fogli di materiale imballante e protettivo. L’importante è che si tratti di confezioni e materiali integri, resistenti e adatti alle merci che si dovranno spedire. In questo modo, oltre ad assicurare la buona riuscita della consegna, si farà un favore anche all’ambiente.

    In conclusione

    Abbiamo affrontato un argomento che, per esperienze dirette, può essere il vero è proprio tallone di Achille di una strategia di vendita on-line. Per gestire le spese di spedizione esistono, anche,  numerose piattaforme che consentono la scelta del corriere migliore in base alle caratteristiche di ogni singola spedizione. Basta fare una ricerca su big G per trovarle.

    L’importante è scegliere il sistema che offre un buon compromesso e che garantisca la ricezione, corretta e in tempi giusti, della merce da spedire.

    File di log - Log file

    I file di log e la loro importanza

    Quando si naviga su internet o si lavora al PC numerosi processi lavorano in background per consentire le operazioni richiesta. Tutte le operazioni svolte, eventuali errori e molto altro vengono registrati. Chi ha a che fare con i sistemi informatici per lavoro – non stiamo parlando di semplici utenti – conosce bene l’importanza dei log. Ma cosa sono e perchè sono così importanti?

    Definizione dei file di log

    Un log è la registrazione sequenziale e cronologica delle operazioni effettuate da un sistema informatico (software, storage, server/client o qualsiasi altro dispositivo informatizzato).

    Le procedure di logging sono quelle azioni in cui un sistema operativo o un’applicazione registra gli eventi e li memorizza per eventuali riutilizzi successivi. L’elenco di queste registrazioni sono chiamate file di log. Al loro interno troviamo messaggi relativi al sistema, compreso il kernel, ai servizi, alle applicazioni in funzione e anche a cosa ha fatto l’utente.

    I record conservano tutte le informazioni sul normale funzionamento della macchina e, cosa molto importate, le registrazioni di errori e problemi. Ogni riga inizia sempre con le indicazioni cronologiche (data e ora del momento in cui viene effettuata la registrazione), il nome del computer su cui gira il programma che ha generato il log e, molte volte, anche il nome del programma stesso.

    A seconda del sistema di logging, cambia la tipologia di informazioni. Un file di log, dunque, è sequenziale e sempre aperto alla scrittura. Una volta chiuso, viene conservato con una periodicità regolare, diventando così disponibile a supporto delle attività di monitoraggio (logging). Va detto che esistono differenti tipologie di file di log, dal controllo del sistema alla sicurezza e così via.

    Ne risulta che i file di log possono rivelarsi molto utili a supporto della diagnostica, accelerando la risoluzione dei problemi legati all’uso dei sistemi.

    I log per la sicurezza

    La gestione dei log, come detto sopra, permette di monitorare una serie di attività tra cui gli accessi al sistema effettuati in un dato lasso temporale (evidenziando anche quelli avvenuti fuori dall’orario di lavoro, quelli non andati a buon fine e così via), le transazioni fallite, eventuali anomalie (sia software che hardware) e possibili minacce malware. I log, in sintesi, sono un asset importanti per far fronte efficacemente alle necessità di data protection e continuità di servizio.

    Forse non si sa ma a livello internazionale esistono delle normative per la sicurezza informatica. Tutte le normative sulla sicurezza informatica prevedono la creazione di precise policy di logging. Risulta pertanto di facile intuizione comprendere il motivo per cui i log rappresentino un punto importante per far fronte efficacemente alle necessità di sicurezza e compliance aziendale.

    Log Management

    Con le nuove tecnologie, con l’aumento degli accessi alla rete internet e al costante scambio di informazioni, anche sensibili, è cresciuto il bisogno di garantire sicurezza, protezione dei dati e continuità di servizio. Il Log Management rappresenta un efficace strumento per far fronte a queste necessità in maniera semplice ed efficace.

    Attraverso un buon sistema di Log Management, le aziende possono soddisfare le disposizioni normative, contare su uno strumento ottimale di monitoraggio e controllo, sfruttare i benefici della Business Intelligence e garantire alti standard di sicurezza.

    Il 20% di ogni cambiamento sta nel conoscere come, il restante 80% sta nel conoscere perché.

    Anthony Robbins

    Log file e GDPR

    Con l’entrata in vigore della GDPR (General Data Protection Regulation) il 25 maggio 2018 ci sono state importanti modifiche al modo di rapportarsi con i log file.
    Se prima erano una necessità per gli amministratori di sistema ora sono uno strumento necessario e a cui le aziende, che seguono una corretta politica informatica, non possono rinunciare.

    Il regolamento europeo chiede che resti traccia delle operazioni effettuate sui dati affinché, in casi di controllo, sia possibile dimostrare che si sono compiute tutte le azioni di tutela.

    Nello specifico, per il Garante della Privacy i file di log devono essere completi (includendo chi compie azioni ma anche solo chi accede ai dati in consultazione), inalterabili e verificabili (cioè abilitare il controllo del corretto utilizzo dei dati).

    L’errore nel sottovalutare i file di log

    Nonostante tutti i benefici che una corretta gestione dei log può portare questi sono ancora troppo spesso sottovalutati. Alcune aziende quando devono ricorrere a una soluzione di Log Management lo fanno quando ormai il danno è fatto.

    Un controllo sui down di sistema, su eventuali attacchi alla rete, su problemi hardware/software, ma anche il dover fornire in modo rapido ed efficace precise informazioni ai dirigenti aziendali o perfino agli organi di pubblica sicurezza può essere effettuato in modo semplice e veloce. Soprattutto si possono prevedere, e porvi rimedio, eventuali problemi futuri.
    Analisi file log - Log file analysis

    I vantaggi del Log Management

    Come si evince da quanto detto sopra le soluzioni di Log Management sono in grado di fornire snapshot – istantanee- sullo stato degli host e dei servizi, dando evidenza di eventuali comportamenti insoliti che potrebbero rivelarsi indizi di pericolo.

    Avere a disposizione una copia remota dei log file permette di analizzare eventuali problemi relativi a un dato sistema, anche se quest’ultimo non dovesse risultare accessibile e di evitare la perdita dei dati (sia nel caso di un guasto hardware che software).

    Un corretto utilizzo dei file di log può portare benefici anche dal punto di vista del marketing. I dati, come è noto, rappresentano un valore prezioso per il business e il Log Management può fornire importanti informazioni relative, per esempio, alle abitudini e alle tempistiche di accesso ai relativi portali web, alle pagine più visitate e al tipo di comunicazioni che entrano ed escono dall’azienda.

    In conclusione

    È importante per le aziente dotarsi di sistemi adeguati di registrazione dei log file sia per essere a norma con il GDPR sia per tenere sotto controllo tutti i sistemi aziendali e gli utenti in maniera efficace.

    Un mondo questo da tenere fortemente in considerazione. Secondo uno studio dell’agenzia Market&Market il mercato dei servizi di log management dovrebbe aumentare da 707 milioni di dollari nel 2017 a 1.248,9 milioni di dollari entro il 2022, con un tasso di crescita annuo composto (CAGR) del 12,1%. L’anno base per lo studio è stato il 2016 e il mercato è calcolato dal 2017 al 2022.

    Numeri che aiutano ancor di più a capire l’importanza.

    Creare e gestire un sito web

    Creare e gestire un sito web. Ad ognuno un compito.

    Molto spesso, quando si parla di creare e gestire un sito web, si cita la figura del “webmaster”, termine usato fin troppo impropriamente. Il perchè di tale affermazione è semplice e ci vediamo costretti a sfatare un primo mito: un sito internet non viene sviluppato e realizzato da una singola persona.

    La mitica figura del webmaster che appare nell’immaginario collettivo in realtà non esiste. Cerchiamo di capire il motivo.

    Forse, fino a quando si realizzavano delle semplici pagine in HTML con qualche immagine qui e lì, con risoluzioni dei monitor molto standardizzate si poteva parlare di questa figura… ma oggi le cose sono molto cambiate.

    Come tutti i settori legati alla tecnologia anche il web ha avuto un impennata nello sviluppo con una forte spinta verso il futuro. Prenderemo ad esame la creazione di uno shop on-line, ecommerce, per spiegare tutti i passaggi e le figure necessarie per la sua realizzazione.

    Riuscire a creare un e-commerce di qualità oggi richiede il lavoro di un team ben affiatato. Diversi professionisti ognuno dei quali con una propria mansione e specializzazione.

    Per comprendere il concetto è meglio iniziare a dividere la vita di un sito in cicli o fasi.

    Il ciclo di vita di un sito web

    In mondo molto sintetico creare e gesire un sito web prevede un prima fase di progettazione. Ogni portale internet va pirma pensato come si deve e poi sviluppato.

    Una volta superate queste fasi il sito viene reso pubblico e quindi inizia a diventare produttivo. Si parla, quindi, di deploying, fase durante la quale ci si assicura che il sito e il suo shopping cart – carrello – realmente funzionino correttamente.
    Già in questa fase gli utenti iniziano a navigare il sito, i motori ad indicizzarlo, si continua ad inserire contenuti e a gestire i clienti. Le figure che intervengono in questa fase sono ovviamente diverse da quelle che sono intervenute nelle fasi precedenti.

    Quando si è certi che il sito funziona correttamente e che tutti gli “ingranaggi” sono ben oliati si può anche procedere alla fase di marketing.
    In questa fase si comunica al mondo della presenza di questo nuovo shop on-line e si cerca di attrarre quante più persone possibile, mantenendo il target e cercando di raggiungere gli scopi per i quali il sito è stato realizzato.

    Leggendo questa sintesi di come nasce un sito è evidente che le figure richieste sono diverse.
    Andiamo ora a specificare quali sono le figure che intervengono nelle varie fasi e quali sono i ruoli che ricoprono e le mansioni che svolgono.

    Progettazione e sviluppo di un e-commerce

    La fase più importante di tutte. Una cattiva progettazione porta quasi certamente a creare un cattivo sito e-commerce. È in questa fase, infatti, che si tracciano le linee guida di quello che sarà il frutto di tutto il lavoro che si andrà ad eseguire.

    In questa importante fase intervengono diverse figure professionali:

    Project Manager

    Il suo compito è di organizzare, controllare ed indirizzare il lavoro degli altri componenti del team.

    Marketer

    Si occupa di delineare lo “stile” del sito e dell’azienda sul web. È lui che decide come deve apparire l’azienda all’esterno, l’immagine che deve trasmettere al cliente in relazione al target di riferimento.
    In base al tipo di target cerca di comprendere qual è il cliente tipo e si delinea lo stile della comunicazione (formale, informale, giocosa, sbarazzina, ecc.), quindi si cerca di capire come attrarre i visitatori e quali canali utilizzare.

    Web Designer

    E arriviamo a quella che forse è la figura più “mal” conosciuta: il webdesigner. In relazione a questa figura è necessario sfatare un mito duro a morire, causato dagli strascichi degli albori del web: il web designer non è un grafico!

    Il webdesigner è colui il quale si occupa di design web e secondo la definizione che ne dà Wikipedia:
    Il webdesign o web design, letteralmente progettazione per il world wide web, è un’espressione inglese utilizzata anche nella lingua italiana per indicare la progettazione tecnica, strutturale e grafica di un sito web.

    La figura professionale dell’addetto alla progettazione per il web, il web designer, nata con lo svilupparsi del World Wide Web, presenta varie analogie teoriche con quella dell’architetto: così come per la costruzione di un palazzo, il webdesigner deve avere varie competenze che vanno dallo studio del singolo elemento alla complessità del progetto (il cosiddetto “zoom in e zoom out”), ed avere competenze di usabilità ed accessibilità.

    Il webdesigner, quindi, studierà la struttura dell’interfaccia (navigazione, schede prodotto, colori, ecc.) e andrà a realizzarla (magari con l’ausilio di un grafico) utilizzando linguaggi come l’HTML, CSS e JavaScript e nel farlo seguirà le indicazioni fornitegli dal marketer, dal cliente e dagli altri membri del team di sviluppo.
    Insieme contribuiranno a costruire un’ottima user experience per soddisfare al meglio i clienti e farli tornare. Tutto per evitare che il sito sia troppo complicato e gli utenti abbandonino gli acquisti a metà.

    Web Developer o programmatore

    Altra figura che interviene in questa fase è il developer, web developer, o programmatore. La sua funzione “volgarmente” – non me ne vogliamo i colleghi – è di scrivere il codice necessario per il portale da realizzare. Ogni portale ha le sue peculiarità tecniche o funzionali che lo rendono differente da molti altri.

    A seconda della complessità del sito ci potranno essere uno o più sviluppatori. Va anche considerato che un progetto può richiedere anche più linguaggi di programmazione, è possibile, infatti, che un sito venga sviluppato in più linguaggi diversi, ognuno con finalità diverse.

    Copywriter

    Per la redazione dei testi c’è il copywriter, che non è semplicemente una persona che sa scrivere bene in italiano ma una persona che conosce la comunicazione sul web, ha rudimenti di SEO (Search Engine Optimization, Ottimizzazione – dei testi – per i motori di ricerca) e che nel redigere le pagine del sito segue le linee editoriali stabilite in fase di progettazione.

    I computer sanno contare solo da 0 ad 1, il resto è professionalità.

    Paola Pomi

    Deploying, rodaggio e regime di un ecommerce

    A questo punto il sito è pronto e va testato sul campo per verificarne il corretto funzionamento.

    Durante il deploying si eliminano le eventuali imperfezioni, si apportano migliorie, si correggono gli ultimi eventuali errori. In genere si corregge tutto ciò che può essere rilevato solo con un test sul campo.

    In questa fase (ma talvolta già in quelle precedenti) si inizia a riempire il catalogo dei prodotti da esporre e vendere.

    Intervengono in questa fase altre figure come gli addetti al catalogo, chi si occupa del magazzino, il servizio clienti, ecc. Terminata questa fase il sito è a regime ed è produttivo.

    Marketing per l’ecommerce

    Forse questa è la fase che stimola di più la mente… una sfida costante contro il mercato. Abbiamo il nostro e-commerce, pronto per essere sfruttato, ma non abbiamo i clienti.

    Bisogna trovare il modo di attirarli e non è detto che il modo usato per un portale vada bene per tutti.

    Le tecniche sono tante e i modus operandi altrettanti. Possiamo pensare a fare pubblicità online con Google AdWords, su Facebook, attraverso altri siti di social networking, sui comparatori di prezzo, si può decidere di posizionare il sito con attività di SEO e molto altro. Le possibilità sono molte e limitate solamente dal budget disponibile.

    Una buona parte dell’attività di marketing inoltre è dedicata all’ottimizzazione del sito e-commerce studiando accorgimenti che aiutino a vendere di più.

    L’argomento è davvero molto vasto e cercare di parlarne in un poche righe non avrebbe senso. Cercheremo di rimprendere questo argomento in modo più dettagliato negli articoli futuri.

    In conclusione

    È bene, per completezza di idee, dire che non tutte le figure sopra citate servono per tutti i progetti. Creare e gesire un sito web necessita di coinvolgere tutte le professionalità citate ma comportano delle spese non indifferenti e non è detto che il budget a disposizione consenta di interperlarle.

    Certamente, però, per creare e gestire un sito web non si potrà fare a meno di un webdesigner e di un developer, soprattutto nelle prime fasi, e di qualcuno che si occupi delle attività di SEO e di promozione. Quest’ultima figura in generale serve quando il sito è pronto per essere aperto al pubblico.

    Obblighi informativi - Contratti e documentazione

    Obblighi informativi per l’ecommerce. Quali sono?

    Nel nostro precedente articolo – Conosci la normativa per aprire un e-commerce? – abbiamo analizzato da un punto strettamente legale/amministrativo i passi da compiere per l’apertura di un negozio on-line.

    Ora, in questo articolo vedremo da vicino quali devono essere i contenuti informativi che devono essere presenti nell’e-commerce. Attenzione, non parleremo di cosa vendere e/o come vendere ma analizzeremo le informazioni che, per legge, dobbiamo fornire agli utenti… parleremo degli obblighi informativi. È un argomento molto importante che i “meno professionisti” facilmente ignorano con tutte le conseguenze del caso.

    I vari tipi di e-commerce

    Prima di procedere nel descrivere gli obblighi informativi dobbiamo fare una distinzione tra due tipologie di negozi on-line. Bisogna distinguere tra e-commerce B2B e B2C. Alcune informazioni sono comuni ad entrambi i tipi di e-commerce, altre sono previste solo per il B2C.

    E-commerce B2C – Business to Customer

    Con il termine Business to Consumer, abbreviato in B2C, si indicano le relazioni che un’impresa commerciale detiene con i suoi clienti per le attività di vendita e/o di assistenza. Questa sigla è utilizzata soprattutto quando l’interazione tra impresa e cliente avviene tramite internet, ovvero nel caso del commercio elettronico.

    E-commerce B2B – Business to Business

    Il termine Business to Business, indicato con B2B, in italiano commercio interaziendale, viene utilizzato per descrivere le transazioni commerciali elettroniche tra imprese.

    Per comodità di lettura, quando parleremo dei vari tipi di shop on-line utilizzeremo gli acronimi sopra indicati.

    Come devono essere fornite le informazioni per il consumatore/azienda?

    Come sempre, o meglio come dovrebbe essere, le informazioni devono essere fornite in modo chiaro, semplice e comprensibile… soprattutto gli obblighi informativi. Da non sottovalutare la questione degli aggiornamenti delle informazioni. Per non avere problemi è sempre meglio tenere gli obblighi informativi i più aggiornati possibile.

    B2B e B2C: quali gli obblighi informativi da fornire

    Sul portale devono essere accessibili in modo semplice e veloce le seguenti informazioni:

    • il nome, la denominazione o la ragione sociale;
    • il domicilio o la sede legale;
    • i contatti (i contatti non devono obbligatoriamente corrispondere a un numero di telefono. Si può infatti predisporre un form di richiesta di informazioni cui rispondere via mail);
    • il numero di iscrizione al repertorio delle attività economiche, REA, o al registro delle imprese;
    • se l’attività sia soggetta a concessione, licenza od autorizzazione: gli elementi che le individuano, nonché gli estremi della competente autorità di vigilanza;
    • la partita IVA o altro codice identificativo;
    • i prezzi e le tariffe dei diversi servizi forniti, indicati in modo chiaro ed inequivocabile ed evidenziando se comprendono le imposte, i costi di consegna ed altri elementi aggiuntivi da specificare
    • l’indicazione delle attività consentite all’utente e gli estremi del contratto qualora un’attività sia soggetta ad autorizzazione o l’oggetto della prestazione sia fornito sulla base di un contratto di licenza d’uso

    Se l’e-commerce è esercitato da una società di capitali

    le informazioni da fornire sono:

    • la sede della società;
    • l’ufficio imprese presso il quale è iscritta la società ed il numero di iscrizione;
    • il capitale sociale quale effettivamente versato e quale risultante dall’ultimo bilancio;
    • che la società è in liquidazione qualora lo sia
    • il fatto che la società ha un unico socio

    Le informazioni da fornire prima che l’utente inoltri l’ordine

    Lo shop on-line deve fornire questi elementi in modo chiaro e, ovviamente, comprensibile:

    • le varie fasi tecniche da seguire per la conclusione del contratto;
    • il modo in cui il contratto concluso sarà archiviato e le relative modalità di accesso;
    • i mezzi tecnici messi a disposizione del destinatario per individuare e correggere gli errori di inserimento dei dati prima di inoltrare l’ordine al prestatore;
    • gli eventuali codici di condotta cui aderisce e come accedervi per via telematica;
    • le lingue a disposizione per concludere il contratto oltre all’italiano;
    • l’indicazione degli strumenti di composizione delle controversie.

    Le informazioni da fornire dopo che il cliente ha inviato l’ordine

    Il venditore deve inviare la conferma di aver ricevuto l’ordine. Questa conferma deve contenere un riepilogo delle condizioni generali applicabili al contratto, le informazioni relative alle caratteristiche essenziali del bene o del servizio e l’indicazione dettagliata del prezzo, dei mezzi di pagamento, del recesso, dei costi di consegna e delle tasse applicabili.

    Ulteriori obblighi per il B2C

    In caso di e-commerce B2C, ci sono ulteriori obblighi da osservare, oltre a quelli indicati sopra:

    Direttamente prima che il cliente inoltri l’ordine

    Il venditore deve comunicare all’utente queste informazioni:

    • le caratteristiche principali del bene o del servizio;
    • il prezzo compreso di imposte e le spese di spedizione;
    • la durata del contratto o, se a rinnovo automatico, le condizioni per recedere dal contratto;
    • la durata minima degli obblighi del consumatore a norma del contratto, se applicabile.

    Il pulsante per inviare l’ordine

    Il pulsante su cui cliccare per inviare l’ordine deve riportare in modo facilmente leggibile e in modo inequivocabile che l’inoltro dell’ordine implica l’obbligo di pagare il venditore. In caso contrario, il consumatore non è vincolato dal contratto o dall’ordine.

    Il link alla piattaforma ODR

    Sul sito deve essere presente il link alla piattaforma ODR creata dall’Unione Europea. Anche in questo caso il link deve essere facilmente raggiungibile ed accessibile.

    ODR sta per Online Dispute Resolution (ossia, risoluzione online delle controversie).
    La piattaforma è un sito gestito dall’Unione Europea. Attraverso questo sito il consumatore che ha acquistato online un bene od un servizio e che per qualche è insoddisfatto dell’acquisto può presentare un reclamo.
    In seguito al reclamo si avvia una procedura che ha lo scopo di trovare una soluzione amichevole alla controversia tra consumatore e venditore.
    Per il venditore non è obbligatorio aderire a questa procedura.

    Quando si perfeziona il contratto di vendita tra e-commerce cliente

    È importante stabilire il momento in cui nasce il contratto tra il venditore ed il cliente. È un momento importante perché da qui sorgono a carico del venditore alcuni obblighi.
    Come stabilire nelle condizioni generali di vendita il momento in cui nasce il contratto?

    Cerchiamo di spiegarlo tramite alcuni esempi:

    Esempio 1
    Il contratto è perfezionato nel momento in cui ricevi la richiesta dell’ordine inviata dal cliente.
    Possibili rischi:

    • il prodotto non è disponibile in magazzino e non si riesce ad evadere l’ordine. Il venditore è comunque vincolato nei confronti del cliente;
    • nello shop on-line è riportato un prezzo errato – ad esempio, inferiore a quello reale – di un prodotto. Il venditore è vincolato al prezzo che appare sul sito;
    • non si stabilisce che il prodotto può essere comprato solo inviando l’ordine tramite il sito. Il venditore corre il rischio di essere vincolato ad ordini fatti da clienti anche soltanto via mail.

    Esempio 2
    Il contratto è perfezionato nel momento in cui si invia al cliente la mail di conferma dell’ordine.
    In questo modo, se si riceve un ordine relativo ad un prodotto non disponibile, si può avvisare il cliente chiedendogli se conferma comunque l’ordine o se preferisce revocarlo.

    Il contratto di vendita: le clausole vessatorie

    Le clausole cosiddette vessatorie, sono clausole contrattuali che risultano gravose per il cliente e lo mettono in una situazione di particolare svantaggio rispetto al venditore.
    La legge elenca le clausole che possono essere vessatorie e fa una distinzione tra B2B e B2C.

    Devi fare attenzione a queste clausole perché:

    • la legge dice che queste clausole sono valide solo in presenza di determinate condizioni: se non ci sono queste condizioni le clausole non hanno alcun effetto verso il cliente;
    • in caso di e-commerce B2C le associazioni dei iconsumatori e le camere di commercio possono chiedere al giudice di inibire l’uso di queste clausole ed il giudice può anche ordinare la pubblicazione del suo provvedimento sui giornali
    • in caso di e-commerce B2C anche l’Antitrust può dichiarare vessatorie le clausole e ordinare al venditore di pubblicare il suo provvedimento sul sito internet.

    Le clausole vessatorie nel B2C

    Sono quelle clausole che determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi che derivano dal contratto. Sono elencate nell’art. 33 del codice del consumo.
    Questo elenco non è esaustivo: il consumatore può agire per fare accertare la vessatorie anche di clausole non contenute in questo elenco, purché comportino uno squilibrio significativo tra le parti del contratto.

    Sono le clausole che hanno per oggetto, o per effetto, di:

    • Escludere o limitare
      • la responsabilità del venditore in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un’omissione del venditore;
      • le azioni o i diritti del consumatore nei confronti del venditore o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del venditore;
      • l’opportunità da parte del consumatore della compensazione di un debito nei confronti del venditore con un credito vantato nei confronti di quest’ultimo;
      • l’opponibilità dell’eccezione d’inadempimento da parte del consumatore.
    • Prevedere
      • un impegno definitivo del consumatore mentre l’esecuzione della prestazione del venditore è subordinata ad una condizione il cui adempimento dipende unicamente dalla sua volontà;
      • l’estensione dell’adesione del consumatore a clausole che non ha avuto la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto;
      • l’alienazione di un diritto o l’assunzione di un obbligo come subordinati ad una condizione sospensiva dipendente dalla mera volontà del venditore a fronte di un’obbligazione immediatamente efficace del consumatore. È fatto salvo l’art. 1355 del codice civile.
    • Consentire al venditore di
      • trattenere una somma di denaro versata dal consumatore se quest’ultimo non conclude il contratto o recede da esso, senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal venditore il doppio della somma corrisposta se è quest’ultimo a non concludere il contratto oppure a recedere;
      • recedere da contratti a tempo indeterminato senza un ragionevole preavviso, tranne nel caso di giusta causa;
      • modificare unilateralmente le clausole del contratto, ovvero le caratteristiche del prodotto o del servizio da fornire, senza un giustificato motivo indicato nel contratto stesso;
      • aumentare il prezzo del bene o del servizio senza che il consumatore possa recedere se il prezzo finale è eccessivamente elevato rispetto a quello originariamente convenuto;
      • sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti dal contratto, anche nel caso di preventivo consenso del consumatore, qualora risulti diminuita la tutela dei diritti di quest’ultimo.
    • Stabilire
      • un termine eccessivamente anticipato rispetto alla scadenza del contratto per comunicare la disdetta al fine di evitare la tacita proroga o rinnovazione;
      • che il prezzo dei beni o dei servizi sia determinato al momento della consegna o della prestazione;
      • come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore.
    • Imporre al consumatore in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d’importo manifestamente eccessivo.
    • Sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria, limitazioni all’adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell’onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi.
    • Limitare la responsabilità del venditore rispetto alle obbligazioni derivanti dai contratti stipulati in suo nome dai mandatari o subordinare l’adempimento di tali obbligazioni al rispetto di particolari formalità.
    • Riconoscere al solo venditore e non anche al consumatore la facoltà di recedere dal contratto, nonché consentire al venditore di trattenere anche solo in parte la somma versata dal consumatore a titolo di corrispettivo per prestazioni non ancora adempiute, quando sia il venditore a recedere dal contratto.
    • Riservare al solo venditore il potere di accertare la conformità del bene venduto o del servizio prestato a quello previsto nel contratto o conferirgli il diritto esclusivo d’interpretare una clausola qualsiasi del contratto.

    Le clausole vessatorie nel B2B

    Queste sono le clausole che stabiliscono a favore del venditore:

    • limitazioni di responsabilità;
    • facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione.

    Mentre a carico del cliente definiscono:

    • decadenze;
    • limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coiterzi;
    • tacita proroga o rinnovazione del contratto;
    • clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria.

    Quando sono valide le clausole vessatorie inserite nelle condizioni di generali di vendita?

    Le clausole vessatorie, per poter avere effetto nei confronti del cliente, devono essere “specificatamente approvate per iscritto”. Ciò per richiamare l’attenzione del cliente sul significato di una determinata e specifica clausola a lui sfavorevole. Nei contratti cartacei il cliente sottoscrive le clausole vessatorie in maniera specifica e separata dal resto del contratto.

    E per un portale web? Escludendo, per motivi di praticità, la firma digitale, al momento non esiste una soluzione sicura al 100% dal punto di vista legale. L’unica possibilità per cautelarsi è quella di fare approvare separatamente le clausole vessatorie con un secondo click (ossia, prevedere una seconda checkbox da spuntare) rispetto a quello con cui si approvano le condizioni generali di vendita.

    Questa soluzione però non è ancora del tutto condivisa dai giudici italiani.

    Il diritto di recesso

    È il diritto del cliente di sciogliere il contratto senza la necessità di avere il consenso del venditore.

    Il cliente può recedere:

    • entro 14 giorni a partire dal giorno in cui entra in possesso del bene;
    • entro 14 giorni + 1 anno se il venditore non informa il cliente sul suo diritto di recesso. Se però entro i 12 mesi il venditore informa il cliente sul diritto di recesso, allora il cliente può recedere entro 14 giorni dal giorno successivo a quello in cui ha ricevuto le informazioni.

    Come funziona il diritto di recesso?

    1. Il cliente comunica al venditore la sua decisione di recedere dal contratto.
    Può comunicarlo ad esempio con una mail, tramite un form presente sul sito o usando il modello prestampato allegato al codice consumo. Il cliente non deve fornire alcuna motivazione al venditore e non deve sostenere costi diversi da quelli di spedizione del reso. Il prodotto può essere stato usato dal cliente.

    2. Il venditore deve rimborsare la somma.
    Il rimborso deve essere fatto senza ritardo e comunque entro 14 giorni dal giorno in cui il venditore è stato informato della decisione del cliente di recedere, mediante lo stesso mezzo di pagamento usato dal cliente, senza addebitare al cliente alcuna spesa per il rimborso. Il venditore può trattenere il rimborso fino a che non abbia ricevuto indietro i beni o il cliente non abbia dimostrato di aver spedito la merce e sempre salvo che il venditore si offra di ritirare esso stesso i beni.

    Il rimborso comprende anche le spese di consegna sostenute dal cliente al momento dell’acquisto. Il venditore non deve rimborsare eventuali costi supplementari: ad esempio se il cliente ha scelto un metodo di consegna diverso da quello meno costoso offerto dal venditore.

    3. Il cliente deve restituire i beni entro 14 giorni da quello in cui ha comunicato al venditore di voler recedere. Le spese per la restituzione del prodotto sono a carico del cliente a meno che il venditore non abbia deciso di sostenerle o non abbia informato il cliente che le spese sono a carico del cliente.

    Quando è escluso il diritto di recesso

    Il diritto di recesso è escluso rispetto a:

    • la fornitura di beni:
      • confezionati su misura o chiaramente personalizzati;
      • che rischiano di deteriorarsi o scadere rapidamente;
      • sigillati che non si prestano ad essere restituiti per motivi igienici o connessi alla protezione della salute e sono stati aperti dopo la consegna;
      • che, dopo la consegna, risultano, per loro natura, inscindibilmente mescolati con altri beni.
    • la fornitura di:
      • bevande alcoliche, il cui prezzo sia stato concordato al momento della conclusione del contratto di vendita, la cui consegna possa avvenire solo dopo trenta giorni e il cui valore effettivo dipenda da fluttuazioni sul mercato che non possono essere controllate dal venditore;
      • registrazioni audio o video sigillate o di software informatici sigillati che sono stati aperti dopo la consegna;
      • giornali, periodici e riviste ad eccezione dei contratti di abbonamento per la fornitura di tali pubblicazioni;
      • contenuto digitale mediante un supporto non materiale se l’esecuzione è iniziata con l’accordo espresso del cliente e con la sua accettazione del fatto che in tal caso avrebbe perso il diritto di recesso;
      • alloggi per fini non residenziali;
      • beni o servizi il cui prezzo è legato a fluttuazioni nel mercato finanziario che il venditore non è in grado di controllare e che possono verificarsi durante il periodo di recesso.
    • il trasporto di beni
    • i servizi di:
      • noleggio di autovetture;
      • catering o i servizi riguardanti le attività del tempo libero qualora il contratto preveda una data o un periodo di esecuzione specifici
    • i contratti:
      • in cui il cliente ha specificamente richiesto una visita da parte del venditore per effettuare lavori urgenti di riparazione o manutenzione. Se, in occasione di tale visita, il venditore fornisce servizi oltre a quelli specificamente richiesti dal cliente o beni diversi dai pezzi di ricambio necessari per effettuare la manutenzione o le riparazioni, il diritto di recesso si applica a tali servizi o beni supplementari;
      • conclusi in occasione di un’asta pubblica;
      • di servizi dopo la completa prestazione del servizio se l’esecuzione è iniziata con l’accordo espresso del cliente e con l’accettazione della perdita del diritto di recesso a seguito della piena esecuzione del contratto da parte del venditore.

    Carrello e-commerce

    La garanzia di conformità

    La garanzia è uno strumento previsto dalla legge a tutela del cliente in caso di acquisto di un prodotto che sia difettoso, malfunzionante o che non sia conforme all’uso dichiarato dal venditore o all’uso per il quale quel bene è generalmente destinato.

    Il ruolo del venditore

    Il venditore ha l’obbligo di consegnare beni che siano conformi al contratto di vendita. Il cliente può far valere i propri diritti contattando direttamente il venditore del bene, anche se quest’ultimo sia un soggetto diverso dal produttore.

    Quando scade la garanzia

    La garanzia legale di conformità opera se il difetto del prodotto si manifesta entro 2 anni dalla consegna del bene e se il cliente, entro 2 mesi dalla scoperta del difetto, lo denuncia al venditore.

    I diritti del cliente

    Il cliente ha diritto ad ottenere senza spese:

    • la riparazione o sostituzione del prodotto oppure
    • la riduzione del prezzo oppure
    • la risoluzione del contratto.

    La consegna del prodotto

    La consegna deve avvenire entro 30 giorni dalla data in cui il contratto è concluso, a meno che nel contratto sia indicato un termine diverso.

    Cosa accade se non viene rispettato il termine di consegna?

    In caso di mancata consegna nel termine previsto, il cliente invita il venditore a consegnare il bene entro un termine supplementare che sia appropriato alle circostanze. In caso di mancata consegna nel termine supplementare il cliente può sciogliere il contratto e ottenere il risarcimento del danno.

    Il cliente non deve richiedere il termine supplementare se:

    • il rispetto del termine originario previsto per la consegna era essenziale, considerate le circostanze in cui è stato concluso il contratto;
    • il cliente, prima di concludere il contratto, aveva informato il venditore che la consegna entro una determinata data era per lui essenziale.

    Controversie

    In caso di controversie tra il venditore ed il cliente che sia qualificabile come “consumatore”, la competenza territoriale inderogabile è del giudice del luogo di residenza o di domicilio del consumatore, se questo luogo è in Italia. Eventuali clausole difformi sono da ritenere inefficaci.

    La privacy

    L’argomento, davvero molto ampio, richiederebbe una trattazione a parte. Certamente due sono le cose a che non devono mancare all’interno del sito internet, vediamo quali sono anche se verranno trattati in modo molto veloce e semplicistico.
    Sul sito non deve di certo mancarare l’informativa estesa ed il banner, ben visibile, relativo ai cookies.

    Se si ha la necessita, e diciamo che c’è, di fare marketing online (invio newsletter, retargeting ecc.) va rispettato quanto previsto dal GDPR e dai provvedimenti del Garante della Privacy.

    Da quanto scritto, un po’ lungo lo so, è evidente come sia importante nella realizzazione di un e-commerce non solo il “tecnicismo” ma anche la conoscenza delle leggi che solo un vero professionista può dare. GLi obblighi informativi possono evitare problemi sia al venditore che al cliente, conoscerli quindi diventa indispensabile.

    Devi realizzare il tuo negozio on-line? Contattaci per una consulenza gratuita.

    E-commerce - Negozio online

    Conosci la normativa per aprire un e-commerce?

    In quest’ultimo periodo si è sentito tanto parlare di e-commerce. Questo “particolare” sito internet ha consentito di mandare un po’ avanti l’economia di piccole e grosse aziende nel periodo di lockdown.

    Purtroppo, come spesso accade, sull’apertura – gestione – mantenimento per questo shop on-line tra tante informazioni utili sono circolate anche notizie poco veritiere. Abbiamo perciò deciso, nel nostro stile, di creare una piccola guida sulla normativa da seguire per l’apertuna di un negozio on-line.

    Serve un’autorizzazione per aprire un e-commerce?

    No, allo stato attuale non serve alcuna autorizzazione specifica. Come sempre però ci sono delle eccezioni per la vendita di alcune categorie di beni. Infatti per vendere on-line prodotti alimentari, bevande alcoliche, farmaci è necessario, a priori, una specifica autorizzazione.

    Vuoi aprire un e-commerce? Quali sono i passi da seguire?

    Se parti da zero, ovvero non hai un negozio fisico o altro…

    procurati prima di iniziare l’iter:

    • un indirizzo PEC (Posta Elettronica Certificata);
    • la firma digitale. La firma digitale ha lo stesso valore legale della firma autografa e servirà per i vari adempimenti presso la Camera di Commercio.
    • le credenziali per Telemaco, strumento telematico per inviare al Registro delle imprese la pratica di Comunicazione Unica.

    Se decidi di affidarti ad un professionista, quale ad esempio un commercialista, penserà lui a procurare quanto detto sopra.

    Invia la Comunicazione Unica al Registro delle Imprese della Camera di Commercio a cui fai riferimento.
    Una volta inviata la pratica, il registro delle imprese spedisce automaticamente all’indirizzo PEC dell’impresa la ricevuta di protocollo e di comunicazione unica, valida per l’avvio dell’impresa.

    La Camera di Commercio inoltra automaticamente la comunicazione all’Agenzia delle Entrate, all’INPS e all’INAIL.

    Ma cos’è la Comunicazione Unica?

    Con la Comunicazione Unica è possibile in un unico contesto:

    • richiedere il codice fiscale e la partita iva;
    • aprire la posizione assicurativa presso l’INAIL;
    • chiedere l’iscrizione:
      • all’INPS dei dipendenti o dei lavoratori autonomi;
      • al registro delle imprese tenuto dalle Camere di Commercio;
      • al VIES (VAT Information Exchange System) se vuoi vendere anche all’estero;
      • presentare l’eventuale SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) per il SUAP (Sportello Unico delle Attività Produttive). Precisiamo: volendo puoi presentare la SCIA direttamente al SUAP e non tramite la Comunicazione Unica

    Se possiedi già un negozio fisico allora devi…

    aggiungere alla partita iva il codice di attività relativo al commercio online (codice Ateco), come attività secondaria, tramite l’Agenzia delle Entrate.
    Non dimenticare di comunicare alla Camera di Commercio lo svolgimento della ulteriore attività di vendita al dettaglio per corrispondenza. Devi presentare la SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) al SUAP (Sportello Unico delle Attività Produttive).

    Anche in questo caso viene in aiuto la Comunicazione Unica che ti consente di inviare il tutto al Registro delle Imprese della Camera di Commercio.

    Per aprire un e-commerce dobbiamo conoscere la SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività)

    Che cosa è?

    È un atto con il quale tu, titolare del negozio on-line, segnali alla pubblica amministrazione l’avvio della tua attività commerciale e ti assumi la responsabilità di dichiarare che l’attività risponde ai requisiti previsti dalla legge.

    Cosa contiene?

    Come contenuto del documento vanno indicate, tra le altre cose, di possedere alcuni requisiti morali e professionali.
    Tra le cose da dichiarare va indicato di non essere stato dichiarato fallito o non aver riportato condanne per alcuni tipi di reato; il settore merceologico (alimentare o non alimentare); l’indirizzo del sito web.

    A chi va presentata la SCIA?

    La SCIA va presentata al SUAP (Sportello Unico Attività Produttive) del Comune di residenza, se il titolare dell’e-commerce è una persona fisica o in cui l’esercente ha sede legale, se il titolare dell’e- commerce è una persona giuridica.

    Come va presentata?

    La SCIA può essere presentata al SUAP tramite la Camera di Commercio territorialmente competente, come allegato alla Comunicazione Unica.
    Per accedere al SUAP del tuo Comune vai www.impresainungiorno.gov.it

    Ho inviato la Scia e ora cosa devo fare?

    Complimenti, ora il SUAP ti rilascia una ricevuta che ti consente di iniziare immediatamente l’attività di e-commerce.

    Ci sono controlli? CERTO!

    Alla presentazione della SCIA la Pubblica Amministrazione inizia l’iter per verificare se quanto dichiarato sia conforme alla legge. Nel caso in cui fosse accertata la mancanza di qualche requisito, la Pubblica Amministrazione, entro 60 giorni dal ricevimento della segnalazione, può:

    • vietare che l’attività di e-commerce prosegua;
    • invitarti a conformarti alla legge, se ciò sia possibile: in questo caso la PA indica le misure necessarie che devi adottare entro un termine non inferiore a 30 giorni e ti invita a sospendere nel frattempo l’attività. Se non adotti queste misure nel termine indicato, l’attività di e-commerce è vietata.

    Aprire un e-commerce non è soltato crearlo dal punto di vista tecnico, è necessario conoscere bene la normativa al fine di evitare problemi. Farsi affiancare da un buon professionista è la soluzione ideale per non avere problemi in corso d’opera. In un prossimo articolo continueremo a parlare di e-commerce e degli obblighi informativi che devono essere presenti.

    Se hai qualche dubbio o vuoi aprire il tuo shop on-line siamo a disposizione per indicarti la strada migliore per la sua realizzazione.