Il mondo della grafica è un mondo vasto e molto più complesso di quello che può sembrare. Con la nascita delle nuove tecnologie anche la grafica si è adeguata alle nuove tendenze tecnologiche e non solo di design. Possiamo quindi dire che la grafica pubblicitaria è una parte essenziale del content marketing da sempre.
Ma conosciamo la sua storia? Iniziamo a conoscere le sue origini riportando alcune curiosità che, probabilmente, molti non conoscono.
Il concetto di logo
Sembra che la nascita del design del logo sia iniziato nell’antico Egitto tra il 2686 e il 2181 a.C.
Infatti, in questo periodo gli antichi iniziarono a marchiare con geroglifici gli animali per segnalarne la proprietà.
Anche in Grecia era frequente l’utilizzo di loghi. Si pensi infatti alle prime monete greche e romane che avevano dei monogrammi di cui il più famoso è il monogramma sacro.
Dal XIII secolo il concetto di logo inizia a diffondersi e ad essere utilizzato dai commercianti e orefici.
Le prime tipografie
La prima tappa della storia della tipografia risale, tra il 1448 e il 1454, all’invenzione della stampa attribuita a Johann Gutenberg.
In Italia il primo libro stampato a caratteri mobili risale al 1464 nel monastero di Subiaco. Questo libro si trova ancora oggi conservato a Napoli, nella Biblioteca di Storia Paritaria.
La categoria degli “stampatori” nasce e si sviluppa proprio sul suolo italico, precisamente a Venezia, dove si ebbe un incredibile sviluppo della stampa e delle tipografie.
I font usati nella grafica pubblicitaria
Oggi siamo sommersi da font si ogni genere, ma uno dei più antichi font del mondo è il Garamond. Questo font deve il suo nome al francese Claude Garamond (1500-1567), il creatore di caratteri più famoso dei suoi anni.
Tra il XVII e XVIII secolo vennero alla luce anche il Baskerville, il Caslon e l’italianissimo Bodoni, ideato da Giovanbattista Bodoni nel 1798.
Quest’ultimo è considerato ancora oggi uno dei caratteri con maggiore eleganza della storia.
Le prime stampe pubblicitarie
Le prime stampe pubblicitarie risalgono al 1600. A questi tempi esisteva il coranto, ovvero un precursore del giornale, all’interno dei quali trovavano spazio le prime pubblicità create da grafici.
I progressi tecnologici successivi portarono poi alla produzione di stampe a colori con la nascita della cromolitografia nella pubblicità.
La cromolitografia permetteva la stampa di pubblicità a colori attraverso una lastra litografica e una matrice di pietra che rilasciava il colore. Questa tecnica continuò sorprendentemente ad essere usata in alcune rare stamperie litografiche artigianali fino agli anni ’60 dello scorso secolo.
La prima agenzia di design grafico
La prima agenzia di design grafico al mondo fu austriaca: Wiener Werkstätte.
Il nome significa solo Officina di Vienna ed è stata la prima organizzazione di artisti visivi sotto forma di agenzia. Era l’inizio di un movimento che avrebbe dato vita al più celebre Staatliches Bauhaus.
La “Desktop Revolution”
Con la diffusione dei computer nel 1985 avviene la digitalizzazione della tipografia. Grazie ad aziende come Adobe, Apple e Aldus prese vita ciò che è passato alla storia come Desktop Revolution.
Ciò si verificògrazie all’introduzione di tre fattori fondamentali:
Il codice PostScript di Adobe;
Il primo programma di impaginazione digitale Aldus PageMaker;
La prima stampante laser economica a 300 dpi della Apple connessa ad un Apple Macintosh.
Queste sono solo alcune delle curiosità storiche sul mondo della grafica un mondo in continua evoluzione.
Chiunque ha avuto a che fare con la grafica o con uno dei tanti software di grafica di certo si sarà trovato a sentir parlare del formato vettoriale. In questo articolo cerchiamo di fare un po’ di chiarezza sul che cos’è il formato vettoriale e quali sono i suoi utilizzi.
Quali sono le differenze tra formato raster e il formato vettoriale
Prima di procedere con il che cos’è il formato vettoriale dobbiamo precisare che esistono due formati di immagini digitali: formato raster e formato vettoriale.
Che cos’è una immagine raster?
Per immagini raster, conosciute anche come immagini bitmap, si intendono le immagini fotografiche che possono essere in uno dei formati conosciuti quali JPG, PNG, GIF oppure TIFF. Queste immagini sono composte da pixel colorati, ovvero milioni di singoli puntini invisibili che compongono una figura.
Le immagini raster hanno una dimensione e risoluzione propria. Nel momento in cui vengono ingrandite oltre le loro dimensioni originali, subiscono perdite di dettagli e appaiono sgranate o dentellate, si viene a creare fastidioso effetto chiamato pixellatura.
Il vantaggio di un’immagine raster però è che grazie ai milioni di pixel che la compongono, può rappresentare svariati dettagli.
Che cos’è una immagine vettoriale?
Le immagini vettoriali, a differenza delle immagini raster, sono descritte mediante un insieme di primitive geometriche che definiscono punti, linee, curve e poligoni. Il formato vettoriale è definito attraverso equazioni matematiche ed è indipendente dalla risoluzione. Una immagine vettoriale, infatti, può essere ingrandita all’infinito senza subire perdite di qualità e definizione.
Ad esempio un logo in vettoriale può essere utilizzato sia su un biglietto da visita, sia su un cartellone pubblicitario mantenendo i dettagli invariati.
Il formato vettoriale presenta anche un’alta efficienza nella dimensione del file, infatti il peso di un documento è inferiore rispetto ad uno raster.
I vantaggi del formato vettoriale
Non è sempre possibile o conveniente lavorare con la grafica vettoriale ma ci sono alcuni casi in cui il suo utilizzo è necessario. Vediamo quali sono:
La grafica vettoriale è scalabile all’infinito. La grafica vettoriale è priva di pixel quindi è indipendente dalla risoluzione. Gli oggetti possono essere scalati all’infinito e stampati in qualsiasi grandezza senza perdite di qualità o definizione. Un logo in formato vettoriale può essere stampato sia su un foglio A4, sia su un cartellone di 3 metri mantenendo inalterata la definizione. Ecco perchè quando realizziamo loghi lo facciamo in vettoriale.
La grafica vettoriale permette di modificare i colori in modo semplice e veloce. All’interno di un software di elaborazione di immagini vettoriali come Illustrator è possibile cambiare in modo rapido i colori che compongono un logo o una grafica. È possibile per esempio modificare il colore di un oggetto passando da un metodo colore RGB ad un colore Pantone (particolarmente utilizzato in alcuni processi di stampa).
Il vettoriale offre la possibilità di visualizzare i contorni di un disegno. Un altro vantaggio del formato vettoriale è la possibilità di visualizzare solo i contorni che compongono una immagine. Questa modalità di visualizzazione è molto importante in fase di progettazione perché consente di trovare eventuali elementi nascosti oppure invisibili nell’anteprima. Il contorno inoltre è funzionale ad aziende specializzate in stampa digitale perché permette di guidare le attrezzature per ottenere incisioni o tagli.
In che ambito viene utilizzato il formato vettoriale?
La grafica vettoriale è comunemente usata dai professionisti della grafica per moltissimi ambiti quali:
creazione di loghi e immagine coordinata
illustrazioni vettoriali e icone
preparazione di file di stampa (flyer, manifesti, biglietti da visita)
interfacce utente di app, siti internet e altro
disegni tecnici, grafica CAD, ingegneria, e 3D
Quanto conviene usare la grafica vettoriale al posto della grafica raster?
Non è facile dare una risposta a questa domanda, dipende tutto dal tipo di progetto. Se all’interno di un lavoro si devono gestire elementi fotografici con diverse tonalità, sfumature, effetti e miscele di colore è meglio lavorare con immagini raster.
Se invece il progetto è più simile ad un disegno o ad un illustrazione è d’obbligo lavorare con un formato immagine vettoriale.
Quali sono i formati vettoriali esistenti?
Prima di iniziare a lavorare con la grafica vettoriale occorre conoscere i più comuni formati immagine vettoriali. Potrebbe sembrare una sciocchezza ma conoscerli permette già di prevenire l’invio e la ricezione di file non conformi al lavoro da fare. Vediamo ora quali sono i formati esistenti:
AI: Adobe Illustrator è il formato di salvataggio standard di Adobe Illustrator. Il formato AI è compatibile con i software della Creative Cloud di Adobe (Photoshop, InDesign, After Effects) e con alcuni programmi di grafica 3D (Cinema 4D).
EPS: Encapsulated PostScript è un formato standard per l’elaborazione di immagini e disegni vettoriali o bitmap. Il formato è compatibile con Adobe Illustrator, CorelDraw, Freehand, Photoshop, InDesign e QuarkXPress.
SVG: Scalable Vector Graphics è un formato di immagine per la grafica vettoriale ottenibile mediante Illustrator. È possibile utilizzare il formato SVG anche sul web per creare elementi scalabili ed adattabili a qualsiasi pagina web.
PDF: Portable Document Format è un formato sviluppato da Adobe. È il più diffuso per condividere documenti di testo ed immagini. Per la visualizzazione è necessario un lettore specifico quale, ad esempio, Acrobat Reader, distribuito gratuitamente. Un file vettoriale può essere salvato in PDF ed elaborato con i principali software di grafica come Illustrator, Photoshop e InDesign.
Per concludere
Per concludere facciamo un riassunto delle caratteristiche principali dei due formati.
File vettoriale – Formato vettoriale
è definito attraverso equazioni matematiche che danno vita a forme;
è l’ideale per creare loghi, disegni, illustrazioni, disegni tecnici e immagini che verranno stampate su prodotti;
può essere scalato a qualsiasi dimensione senza perdere qualità;
è indipendente dalla risoluzione e può essere stampato in qualsiasi dimensione e risoluzione;
anche se l’immagine è di grandi dimensioni, il peso del file risulta comunque contenuto;
il numero dei colori può essere facilmente aumentato o ridotto in base ai budget di stampa;
può essere facilmente convertito in formato raster;
può essere salvato in diversi formato grafici: AI, SVG, EPS e PDF.
File Raster (bitmap) – Formato raster
è un immagine composta da pixel;
è un formato utilizzato per l’editing di foto e la creazione di immagini a tono continuo e con miscele di colore morbide;
non è un formato scalabile in modo ottimale. Quando un immagine raster viene ingrandita oltre le dimensioni originali, appare pixellata;
più l’immagine è grande e più il peso del file è elevato;
è più difficile stampare immagini raster utilizzando una quantità ridotta di colori;
alcuni processi di stampa non possono utilizzare formati raster;
a seconda della complessità dell’immagine, la conversione in vettoriale può richiedere molto tempo;
le immagini raster sono i formati di immagine più comuni, tra cui: JPG, GIF, PNG, TIFF, BMP e PSD.
Chi pensa che la matematica non c’entri nulla con il mondo reale si sbaglia di grosso. Con buona pace di chi proprio non sopporta numeri, operazioni e figure geometriche, tutto ciò che ci circonda ha a che fare con la matematica. Persino l’arte.
Non ci credete? Allora andiamo alla scoperta della sezione aurea, un rapporto numerico che, anche se non avete mai sentito prima, è intorno a noi.
Che cos’è la sezione aurea?
Sostanzialmente la sezione aurea è un rapporto tra due numeri. In particolare, è un rapporto tra due numeri che dà come risultato il numero irrazionale 1,618033… (per comodità di lettura il numero è volutamente troncato).
Questo numero, essendo veramente unico e particolare, prende il nome di Phi.
Un altro modo per definire la sezione aurea è prendere un numero a e un numero b, e dire che a+b sta ad a come a sta a b.
I famosissimi numeri della successione di Fibonacci (1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89, 144, …), il cui ultimo numero viene calcolato sommando i due precedenti (chiediamo venia ai matematici puri per una così banale spiegazione) sono strettamente legati alla sezione aurea.
Infatti i rapporti tra due numeri qualsiasi, tra quelli affiancati, della successione danno come risultato la costante Phi della sezione aurea (1,62…).
In pratica si può anche dire che la sezione aurea è la relazione tra due numeri consecutivi della successione di Fibonacci.
Ma cosa rende così speciale la sezione aurea?
Il rapporto aureo è alla base di molte delle forme più armoniose della natura. Lo stesso nome, “aureo”, indica il senso di armonia e di perfezione generato dalle forme che si basano su questo numero nel nostro cervello.
La sezione aurea in natura
La sezione aurea in natura assume spesso la forma della spirale costruita su rettangoli che seguono il rapporto 1,618:1. La spirale aurea è infatti una spirale di tipo logaritmico che cresce seguendo un cosiddetto fattore di accrescimento pari a Phi.
Alcuni esempi della spirale aurea in natura possono essere alcune forme di conchiglie, la disposizione degli stami dei fiori, la forma delle galassie e dei cicloni e tantissime altre.
Ecco alcuni esempi:
La sezione aurea nell’architettura e nell’arte
La bellezza della natura è sempre stata di esempio per le opere realizzate dall’uomo. Per tale ragione l’uomo ha sempre utilizzato la sezione aurea per calcolare le proporzioni armoniose tra le varie parti degli edifici o delle statue rappresentanti le figure umane.
In particolare, nell’essere umano, il rapporto tra l’altezza totale e l’altezza dall’ombelico a terra è 1,618. Lo sapevano bene Vitruvio prima e Leonardo Da Vinci con il suo famoso “Uomo Vitruviano“.
In architettura, il Partenone di Atene, ad esempio, presenta una facciata perfettamente inscrivibile nelle proporzioni di un rettangolo aureo (ossia un rettangolo costruito in base alle “regole” della sezione aurea).
Usare la sezione aurea per il design
L’applicazione nel design della “ezione aurea può apparire molto più difficile di quello che è in realtà. Esistono alcuni trucchetti che possono migliorare i progetti senza dover passare molte ore ad effettuare calcoli. Vediamo quali sono.
La regola dei terzi
La regola dei terzi consiste nel suddividere la pagina, la foto o il layout su cui si sta lavorando in tre parti verticali e in tre parti orizzontali.
I 4 punti in cui queste linee si incontreranno saranno quelli su cui andrà focalizzata l’attenzione.
Il motico di tale operazione è dato dal fatto che così ragiona il cervello umano. Inconsciamente siamo abituati a suddividere quello che vediamo in aree di interesse in base a come sono strutturate e a concentrarci sui punti focali posizionati nell’area centrale di quello che vediamo.
Usare la griglia della spirale aurea
Un altro metodo per implementare la sezione aurea è utilizzare le forme e le griglie della stessa.
Ad esempio costruire delle grafiche basandosi sulla spirale aurea vista prima o sulla divisione dell’area di lavoro in base ai rettangoli e alle proporzioni del rapporto aureo.
La sezione aurea nel logo design
Una delle applicazioni più comuni e più utilizzate è all’interno del graphic design, e in particolare nella costruzione dei loghi. Creare un logo non è una cosa semplice, esistono delle regole, ed esistono pure delle possibili applicazioni di formule geometriche come appunto quella del rapporto aureo.
Di esempi di loghi costruiti seguendo i principi e le forme del rapporto aureo ce ne sono moltissimi. Prendiamo in esame un logo che tutti conoscono: il logo dell’Apple.
Il logo della Apple è composto interamente da cerchi i cui raggi danno i numeri della successione di Fibonacci.
La sezione aurea nella fotografia
Anche nella fotografia si possono applicare le stesse regole che si applicano alla grafica e al design. In particolare è molto utile la regola dei terzi. Ad esempio una regola non scritta per quando si fotografa frontalmente un viso è quella di far stare gli occhi all’altezza dei due punti di incrocio superiori.
Le forme, in particolar modo la spirale aurea, possono anche essere utilizzate per creare fotografie dalle proporzioni fortemente armoniche.
La sezione aurea nel web design
Le proporzioni della sezione aurea sono largamente utilizzate anche nella costruzione dei layout dei siti web.
Ad esempio si segue molto spesso il rapporto 1,618:1 tra la colonna dei contenuti e la sidebar (la barra laterale di un sito).
Qui un esempio di come può essere trovata una giusta proporzione all’interno di un sito web:
In qualsiasi momento, se avete una larghezza totale di un layout potete utilizzare la formula scritta nell’immagine qui sopra per ricavare le proporzioni auree.
Prima di addentrarci nel vasto mondo dell’identità visiva e nel cercare di capire quanto è importante la brand identity è bene spiegare al meglio cos’è. Potrebbe sembrare superfluo fare una sua presentazione ma, essendo un campo vasto come già detto, la definizione può esserci di aiuto per capire al meglio i concetti sotto indicati.
Definizione di brand identity
Con il termine brand identity, o identità aziendale, si intende l’insieme degli aspetti e degli elementi grafico/comunicativi che determinano la percezione e la reputazione di un brand da parte dell’utente. In particolare, quella percezione profondamente emotiva ed istintiva da cui dipenderà il gradimento e di conseguenza il successo o meno di un marchio. Non dimentichiamo un concetto molto importante: la brand identity crea un rapporto, positivo o negativo, con il pubblico.
Il prisma della brand identity
Secondo Jean-Noel Kapferer, uno dei massimi esperti in materia di branding, esistono sei elementi principali. L’esperto ha realizzato il “prisma della brand identity” per riassumere i sei elementi principali che la costituiscono.
Gli elementi del prisma della brand identity
Come si può vedere dalla figura, il prisma presenta sei elementi principali. Andiamo a vedere ed a capire più in dettaglio quali sono e a cosa servono questi elementi:
fisici
hanno a che fare sia con gli attributi fisici e le qualità del prodotto (quindi con il core business dell’azienda), ma anche con gli attributi fisici del brand (quindi elementi come nome, logo, design, colori, packaging). Come spiega l’esperto in “The new strategic brand management”, si tratta di «una combinazione di caratteristiche oggettive e salienti che vengono immediatamente in mente quando un brand viene menzionato in un sondaggio»;
personalità
viene sviluppata grazie alla comunicazione creata dal brand. Il modo in cui presenta i propri prodotti, il tone of voice – tono di voce- usato «rivelano che tipo di persona sarebbe se fosse un essere umano», spiega Kapferer;
cultura
è un aspetto importante della brand identity e riguarda tutti i valori sui quali si fonda il modello di business;
relazione
è un concetto importante perché il rapporto tra l’azienda e i clienti è determinante per trasmettere ai consumatori i valori e l’identità che il brand vuole che siano percepiti dai diversi stakeholder;
immagine riflessa
sempre secondo Kapferer «il brand è il riflesso dei clienti» e quindi il target dell’azienda viene collegato alla marca e contribuisce alla costruzione identitaria. Esistono dei marchi la cui comunicazione punta chiaramente a un target molto giovane ed è anche questo a definirli e a distinguerli dai competitor;
auto-immagine
la brand identity si costruisce anche sulla percezione che il target ha di se stesso grazie all’uso del marchio.
Secondo l’autore del modello in questione, avere «un’idea chiara della propria identità è necessario affinché il significato del brand venga rinforzato tramite ripetizione».
Elementi determinanti della brand identity
I concetti sopra espressi portano pertanto alla ricerca di elementi determinanti concreti. Elementi che devono essere tenuti in considerazione:
Naming
Sviluppo e creazione del nome di azienda, marca o prodotto.
Logo Design
Ideazione e progettazione di un marchio, che eccelle in originalità e qualità del design grafico e tipografico. Possono essere incluse applicazioni semplici del logo quali business cards, carta intestata, ecc. In un nostro precedente articolo abbiamo parlato dell’importanza di avere un logo.
Type Design
Ideazione e progettazione di un carattere tipografico customizzato per un brand, completo di tutto l’alfabeto e utilizzato per comporre logotipi e/o testi della marca.
Corporate & Brand Identity
Sviluppo di un sistema di identità per un’impresa o una marca, completo in ogni suo step e item (strategia, identità nominale e/o visuale, immagine coordinata ecc.).
Product Identity
Sviluppo di un sistema di identità per una marca di prodotto o servizio, completo in ogni suo step e item (identità nominale e/o visuale, immagine coordinata, ecc).
Retail Identity
Sviluppo di un sistema di identità per una marca di insegna, (immagine coordinata, punto vendita, espositori e cartonati in 3D, materiali di allestimento in-store events, digital signage, ecc.).
System Identity
Sviluppo di un sistema di identità per una marca che non sia d’impresa, di prodotto o di insegna, completo in ogni suo step e item (strategia, identità nominale e/o visuale, immagine coordinata ecc.). Per esempio, sono da intendersi in questa categoria, identità di eventi (convegni), istituzioni e amministrazioni pubbliche (città), partiti politici, concorsi, ecc.
Identity Manual
Sviluppo di manuali normativi per l’applicazione di un marchio o di linee guida per un intero sistema d’identità.
Literature Design
Sviluppo di progetti grafici relativi alla documentazione d’impresa; come per esempio: monografie istituzionali, brochure, report annuali, newsletter, cataloghi, calendari, inviti, cartelle stampa, e molto altro.
Publishing Design
Sviluppo di progetti grafici esclusivamente per l’editoria pubblica o di settore, come: riviste, giornali, libri e/o copertine, collane, ecc.
Exhibition Design
Progetti di sistemi di segnaletica (wayfinding design) e allestimenti per aeroporti, stazioni, hotel, ristoranti e fast food, stand fieristici, mostre, esposizioni, live events.
Digital Design
Progetti grafici specifici per format multimediali, apps per dispositivi mobili, periodici online, installazioni digitali, ecc.
Leggendo quanto riportato precedentemente è evidente che il brand non è il logo, o meglio, non è formato solo dal logo; il brand – l’identità visiva – è l’insieme di una serie di elementi grafici ed emozionali che identificano il “carattere” dell’attività.
Da cosa cosa dobbiamo iniziare per avere una buona brand reputation?
Ovviamente tutto parte da una idea. Idea che va sviluppata in tutte le sue sfaccettature. Nulla deve essere lasciato al caso. È bene iniziare con:
compiere un’analisi sul mercato e sull’azienda stessa. Capire la sua forza, le opportunità e le minacce derivanti dai competitor e dall’evoluzione del segmento nel quale si opera;
identificare la propria clientela e chi bisogna cercare di raggiungere non solo con i prodotti o servizi, ma anche con le campagne di marketing e consolidamento della brand identity;
stabilire il messaggio e il modo in cui si vorrà veicolarlo: entrambi sono fondamentali per la percezione e il posizionamento del marchio. Cercare di capire come sarà percepito il brand dal cliente.
Ma, quindi, da cosa bisogna iniziare per non incorrere in errori?
La risposta alla domanda è farsi delle domande e darsi delle risposte (un po’ alla Gigi Marzullo). Scherzi a parte, porsi delle domande che possono sembrare banali serve per capire meglio quello che dobbiamo fare. Per rispondere bisogna anche cercare di immedesimarsi nel potenziale cliente.
Domande del tipo: “cosa venderò?”, “ho un prodotto di punta? E se si qual’è?“, “cosa offro di meglio rispetto ai miei competitor (concorrenti)?” e molte altre sono un buon punto di partenza per pensare a come realizzare la nostra identità visiva.
Una volta trovata la risposta a queste e a tante altre domande possiamo iniziare a pensare alla nostra visual identity.
Il primo passaggio che accompagna la nascita di un marchio consiste nella scelta del nome più adatto. Nome che deve essere il più efficace e accattivante possibile. Di norma, è consigliabile affidarsi a un nome breve e facilmente identificabile. Un nome che possa balzare subito all’occhio e farsi ricordare nella mente dei consumatori che rispecchi, inoltre, i valori dell’azienda: la serietà, l’eleganza, la solidità dei prodotti che vende, etc. Esempi sono Bmw, acronimo del più lungo (e complicato) Bayerische Motoren Werke, ma anche Fiat, Ikea, Geox, Zara: sigle brevi, distintive e pertanto semplici da ricordare.
C’è anche chi preferisce indicare l’ambito afferente nel nome della compagnia: ad esempio General Motors, il cui nome già spiega la sfera entro la quale la grande azienda americana opera.
Ciò che conta è trovare una soluzione facile da ricordare e subito riconoscibile: in questo modo, non verrete dimenticati.
Superata la non semplice fase del “naming” si giunge a quello che può essere considerato l’elemento principale: il logo.
Abbiamo già parlato della sua importante nel nostro articolo “L’importanza di avere un logo“, che consigliamo di leggere per avere una idea più chiara su come si realizza.
Ricordiamo che il logo è quell’elemento grafico che riassume, in modo sintetico, tutta l’identità di un’azienda e ciò che essa vuole trasmettere. Il logo quindi deve essere unico nel suo genere, un “mai visto prima” che nel lo stesso tempo deve risultare semplice ed assolutamente facile da ricordare.
Conclusioni
È importante prima di presentarsi al pubblico sviluppare una propria identità visiva. Questo perché per un’azienda, come anche per un libero professionista o un privato, è essenziale non uniformarsi e distinguersi e risultare competitivi sul mercato. Una buona brand reputation attira la giusta clientela ed assicura una crescita nel tempo.
Instaurare un rapporto di fiducia e in un certo senso di confidenza tra il pubblico e l’azienda significa anche fidelizzare i clienti.
Risulta evidente e necessario affidarsi alle giuste figure professionali che possono consigliare nelle scelte ed indirizzare l’attività verso le giuste considerazioni.
Contattaci per avere maggiori informazioni o anche solo una consulenza sulla tua brand identity.
Capita, soprattutto quando ci richiedono la realizzazione di portali internet, che il cliente sia sprovvisto di un logo per la sua attività o azienda. Cosa ancor più grave quando si usano come loghi immagini prelevate da internet e utilizzate senza autorizzazione o, ed è successo davvero, la foto dell’amato cagnolino di famiglia.
Ma è davvero così importante avere un logo aziendale? In questo periodo, in cui la fretta la fa da padrone, come si può attirare l’attenzione? Le risposte sono SI e con un logo progettato e realizzato come si deve.
Il logo è uno di quegli elementi che sono indispensabili per far ottenere il successo sperato, proprio come lo sono la professionalità e i prodotti di qualità. Averlo è importante, ma averne uno che funzioni è fondamentale.
E un logo “funzionante” deve rispondere positivamente ad alcune semplici caratteristiche. Vediamo insieme quali sono:
1. Catturare l’attenzione.
Si ha davvero poco tempo per far colpo sul consumatore. Solo 2 (due) secondi per convincere un potenziale cliente a prenderci in cosiderazione. In questo piccolo lasso di tempo il cliente deve notarci e decidere se investire tempo e denaro. Il logo, quindi, deve essere chiaro e coerente.
2. Suscitare interesse
Come in quasi tutte le cose la prima impressione è quella che conta e, quindi, non va sprecata. Un logo deve essere pensato e progettato in modo tale che riesca a suscitare subito l’interesse del consumatore. Un buon logo (attenzione non è detto che un bel logo sia anche “buono”) riuscirà ad avere più probabilità di successo. Il logo deve far capire velocemente a qual è il target di riferimento target e quali sono i servizi e/o prodotti che vengono offerti.
3. Il logo racconta ciò che si è e cosa si sarà
Il logo deve saper raccontare dell’Azienda e, soprattutto, deve generare emozione. Non si può lasciare tempo all’interpretazione del logo, tutto deve essere indicato e riconoscibile in poco tempo. Come è possibile fare ciò?
I colori, lo stile, il font, il payoff – filosofia scritta in chiare lettere – sono gli elementi estetici che danno carattere e tono all’Azienda e devono essere coerenti con il messaggio che si vuole trasmettere. È importante che siano costanti e che il cliente li ritrovi in ogni aspetto comunicativo dell’azienda. Per questo sarà necessario creare l’immagine coordinata.
4. Il logo deve essere semplice, facile da ricordare
Il logo è il collegamento tra l’Azienda e il cliente. Equilibrio, semplicità, funzionalità sono gli aspetti necessari per un buon logo. Questi elementi devono essere gradevoli e devono trasmettere positività. Il logo deve far ricordare cosa si è. Il naming – ovvero il nome dell’Azienda – può non avere queste caratteristiche, ma l’aspetto deve immediatamente catturare l’attenzione e far sì che il cliente si ricordi di noi, per colore, segno grafico e immagine.
5. Il logo deve distinguersi dai competitor
Loghi simili tra loro non fanno la differenza… sono il “male assoluto”. Ogni Azienda è diversa dalle altre, allora perchè il logo deve essere uguale? Il logo deve trasmettere l’unicità della tua realtà. Deve trasmettere la professionalità aziendale al primo sguardo.
Per concludere
Fare un logo non è semplice e richiedere del tempo. Per averne uno che funzioni bisogna affidarsi a persone esperte, che con la loro esperienza e creatività, possono realizzare il logo più adatto alle necessità.
Contattaci per una consulenza gratuita, sapremo consigliarti al meglio.
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